lunedì 26 dicembre 2011

Le idi di marzo

Un titolo dal sapore classico per un dramma politico ambientato nell'America di oggi: durante le primarie del Partito Democratico in Ohio, il giovane ed entusiasta Stephen Meyers (Ryan Gosling), addetto stampa del candidato alla presidenza Mike Morris (George Clooney), scopre che l'uomo per cui lavora e che ha toccato così profondamente le corde del suo idealismo non è puro e immacolato come appare. Per il giovane Meyers l'appuntamento delle primarie diverrà un'occasione  molto dolorosa di maturazione e di cambiamento, evidenziata magnificamente dal cambiamento di espressione del viso che, nei diversi momenti del film, sottolinea il trapasso da una stagione all'altra della sua vita.
Un film che mette a nudo, crudamente, la mancanza di umanità della competizione politica, in un paese dove questa, probabilmente, è ancora in grado di ispirare speranze di cambiamento e non si è ancora ridotta a un miserabile teatro delle marionette come è accaduto in Italia.
Un film claustrofobico, tutto giocato negli intrighi che avvengono dietro le quinte, nel quale il popolo sembra essere solo spettatore passivo e mai realmente in grado di irrompere nelle trame tessute dalla cerchia ristretta di personaggi che gravitano attorno a Morris/Clooney per scardinarle e dare il via ad una reale stagione di partecipazione e di rinnovamento. Alla fine, l'esito della competizione elettorale sarà deciso in incontri ravvicinati e rabbiosi dentro a scantinati oscuri o sulla panchine di qualche parco cittadino, lontano dai riflettori dei giornali e delle televisioni.
Da segnalare il fatto che le poche donne presenti, costrette a muoversi in un universo quasi completamente maschile, vengono trattate piuttosto male, dipinte come delle arriviste meschine e incapaci, cosa che capita spesso nei film interpretati da Clooney, nonostante lui abbia fama di essere un rubacuori, progressista per giunta.

sabato 24 dicembre 2011

In a place called hope

Nell'ormai lontano 1993 ebbi modo di trascorrere il Natale lontano da casa, nell'Arkansas patria dell'allora Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, ospitato molto gentilmente da alcune famiglie di imprenditori locali simpatizzanti del Partito Democratico e orgogliosissimi di vedere il loro "Bill" finalmente insediato alla Casa Bianca.
Lo slogan con il quale Bill Clinton aveva condotto la campagna elettorale, nel 1992, era stato "I still believe in a place called Hope", dove Hope, che in inglese significa speranza, è anche il nome della cittadina, situata a pochi chilometri della capitale Little Rock, in cui Clinton è nato e cresciuto. Tra l'altro, i miei gentilissimi anfitrioni avevano programmato di portare me e gli altri ospiti, anch'essi studenti, a fare una gita proprio a Hope, che all'epoca era conosciuta solo per la presenza di alcune sorgenti d'acqua dalle proprietà curative, ma la gita andò a monte a causa di un litigio scoppiato tra me e uno studente tedesco di ingegneria il quale, ogni volta che io aprivo bocca, mi apostrofava violentemente con l'epiteto di "italiano mafia", ripetuto a macchinetta per farmi saltare i nervi. I simpatici americani, non abituati probabilmente a quel genere di scontrosità tanto esasperata, preferirono soprassedere sulla gita a Hope e dividere il gruppo in modo che io e l'ingegnere tedesco non venissimo più a contatto.
Quando si dice il destino: oggi ho scoperto che già all'epoca, la cittadina di Hope era sede dell'American Mineral Field, un'azienda mineraria che nel 1993 compariva a malapena sull'elenco del telefono, ma che quattro anni più tardi, nel 1997, al termine della prima sanguinosa guerra civile in Congo, otterrà dal neo presidente Kabila la concessione per lo sfruttamento delle aree nella parte sud-orientale del paese, ricchissime di diamanti e di altri minerali preziosi, bruciando sul tempo le multinazionali del settore diamantifero, tra cui la sudafricana DeBeers. Naturalmente, Bill Clinton ha sempre negato di avere avuto qualsiasi ruolo nel gigantesco affare, nonostante il principale azionista dell'American Mineral Field, Jean Boulle, avesse iniziato la sua attività in Arkansas proprio grazie all'intervento di Bill, che da governatore dello stato gli concesse la possibilità di trivellare, alla ricerca di diamanti, un'area fortemente vincolata dal punto di vista ecologico.
La speranza di Jean Boulle di guadagnare un sacco di soldi e diventare ricco sfondato si è quindi avverata. Che cosa c'entra tutto questo con il Natale alle porte? C'entra perché quest'anno mi sento di rivolgere a tutti coloro che mi leggono, e anche agli altri, l'augurio di passare un Natale sereno e libero dalla cortina fumogena di stronzate che negli ultimi anni ci ha impedito di vedere ciò che accadeva veramente nel mondo. E che venga data finalmente anche ai Dannati della Terra la possibilità di far sentire la loro voce, dopo che per tanti anni hanno contribuito, con il loro sacrificio e le loro sofferenze, a rendere opulente le nostre esistenze.
Buon Natale a tutti.

sabato 10 dicembre 2011

Midnight in Paris

Raffinata e divertente commedia firmata Woody Allen, che vede come protagonista Owen Wilson nei panni di Gil, uno sceneggiatore di Hollywood che intende cimentarsi nella scrittura di un romanzo e, per cercare ispirazione, compie un viaggio a Parigi assieme alla fidanzata Inez ( Rachel McAdams ). Inez, figlia di un esponente della destra repubblicana ( Kurt Fuller ), ha un culo galattico modellato da estenuanti sedute di massaggi e palestra, ma possiede una scarsa inclinazione per il pindarismo del fidanzato, nelle cui qualità letterarie vede  solo una fonte di prosperità economica. Così, non riuscendo a comprenderne le velleità scrittorie, cerca ripetutamente di convincerlo a rientrare a Los Angeles per dedicarsi anima e corpo alla lucrosa attività di sceneggiatore e, naturalmente, per sposarlo. Gil, che assomiglia portentosamente a Robert Redford da giovane, inizia a girare di notte tutto solo per Parigi alla ricerca di ispirazione e la sua fantasia lo farà imbattere nei protagonisti della Lost Generation, il gruppo di scrittori americani che scelsero di vivere a Parigi dopo la Grande Guerra per sfuggire alla piattezza utilitaristica della società americana. Nel film, resi vivi dall'immaginazione di Gil e dal suo disperato desiderio di calarsi in un ambiente ricco di suggestioni culturali, compaiono Hemingway, Gertrude Stein e i coniugi Fitzgerald, ma anche Pablo Picasso, Salvador Dalì e la compagna di Amedeo Modigliani, Jeanne Hébuterne. Ogni notte, quando Gil si avventura per le strade di Parigi, un vortice di fantasia e di immaginazione lo trascina indietro nel tempo, alla scoperta di una dimensione dell'esistenza che la destra repubblicana, e non solo, negli ultimi anni ha fatto di tutto per sradicare, al fine di imporre al resto del mondo un'egemonia culturale piatta, meccanizzata e castrante, alimentata da una caterva di scemenze pseudo-cristiane.
Così, anche nella Parigi di oggi si rivela difficile incontrare delle persone che cerchino nella cultura e nell'arte una via per superare il senso effimero della vita, come facevano gli scrittori della Lost Generation. Qualcosa però di quello spirito sopravvive ancora e, per fortuna di Gil, gli si rivelerà nel finale del film.
Da segnalare ( si fa per dire ) anche la presenza di Carla Bruni nella parte di una guida turistica parigina, espressiva e vivace come un ghiacciolo.

domenica 27 novembre 2011

Simmetria mortale

Finalmente il mio secondo romanzo è pronto, ho finito di rivederlo e mi sembra che vada bene. In realtà lo avevo già terminato lo scorso febbraio, ma non mi convinceva pienamente. La sortita nei Balcani ha prodotto l'effetto sperato, evidentemente sentire il profumo dell'Oriente mi fa bene: mi sono rimesso al lavoro, ho tagliato qualcosa, aggiunto qualcos'altro, rivisto dei passaggi e ora mi pare che il risultato complessivo sia più che soddisfacente.
Il protagonista è sempre il commissario Forti della Questura di Rimini, che questa volta viene buttato giù dal letto, una domenica mattina di fine febbraio, per indagare sull'omicidio di una prostituta. La vicenda è ambientata nel 2006, alla vigilia delle elezioni politiche, un momento storico importante perché all'improvviso si rovesciano equilibri che sembravano consolidati, facendo apparire  tutto ciò che era avvenuto nei 5,10, 20, 30 anni precedenti sotto una luce diversa. Ci sono amicizie che si rompono, carriere che rischiano di andare in frantumi ed esistenze apparentemente felici che si rivelano appoggiate su basi molto fragili, anche se in pubblico vengono spacciate per solidissime.
Nel corso di quest'indagine il commissario Forti fa un uso molto abbondante e disinvolto delle intercettazioni telefoniche, rivelando un aspetto delle nuove tecnologie che a molti, me compreso, era sfuggito: cioè il potenziale quasi infinito di controllo e di intrusione nelle vite dei singoli, che, grazie all'elettronica, oggi raggiunge un livello impensabile fino a qualche anno fa. Tutto questo, e anche molto altro, è "Simmetria Mortale", la mia seconda fatica letteraria, che tra breve sarà disponibile nelle librerie (spero).

sabato 12 novembre 2011

Il grande cetriolo globale

Non sono rimasto per nulla entusiasta dell'accoglienza riservata a Mario Monti dai senatori di Palazzo Madama. Se Monti ha intenzione di attuare un programma di riforme tanto radicale da eliminare tutte le sacche di privilegio esistenti nel nostro paese, per quale motivo la categoria più privilegiata di tutte, quella dei politici, dovrebbe essere tanto entusiasta dell'ingresso in politica dell'ex Rettore della Bocconi?
Capisco ancora di meno l'entusiasmo dimostrato dai partiti di opposizione alla prospettiva di sostenere un governo tecnico che cerchi di mettere in pratica delle trasformazioni così profonde: Bersani & c. hanno trascorso gli ultimi anni della loro vita cercando di sfiancare Silvio Berlusconi, lo hanno lavorato incessantemente ai fianchi e ora che, grazie alla collaborazione degli ex di An, sono riusciti a logorarlo e a sfinirlo, perché non chiedono al Capo dello Stato di sciogliere le camere e andare subito alle urne?
Perché i partiti che hanno lavorato tanto per far cadere il governo non tentano di approfittare della caduta di popolarità dell'ormai ex presidente del consiglio per mettere in saccoccia un risultato elettorale favorevole che garantirebbe loro la maggioranza dei seggi parlamentari per altri cinque anni e forse anche più, considerato lo sbandamento che serpeggia tra le fila dell'attuale partito di maggioranza? Non sarebbe più logico, più razionale e anche politicamente più sensato chiedere di indire nuove elezioni per gennaio, in modo che ai primi di febbraio si possa già insediare un governo eletto dal popolo in grado di attuare un programma passato al vaglio del responso elettorale?
Ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni, compreso il nauseante attivismo di Giorgio Napolitano, ci dice che ai piani alti sembrano intenzionati a indirizzare la crisi in una direzione ben precisa, che è poi quella voluta dal capitalismo finanziario europeo. E allora sorge un dubbio atroce: cioé che il capitalismo internazionale abbia intravisto, come soluzione per uscire dalla crisi, quella di trasformare il Belpaese in una sorta di Corea o di Thailandia europea per l'industria high tech, con manodopera qualificata a basso costo e altamente disciplinata da una nuova ( si fa per dire ) legislazione sul lavoro che conceda alle multinazionali la facoltà di intimidire i propri dipendenti con la prospettiva del licenziamento quando alzano troppo la testa per reclamare aumenti di salario e migliori condizioni di lavoro. Il tutto, naturalmente, applicato anche ai dipendenti del settore pubblico, caso mai a qualcuno venisse in mente, rompendo gli schemi corporativi, di schierarsi apertamente a difesa dei pari grado del settore privato o di mostrarsi troppo autonomo rispetto alle direttive che giungono dall'alto.
E' sottinteso che, in questa prospettiva, i privilegi attualmente posseduti dalla casta dei politici rimarrebbero tali e non verrebbero minimamente intaccati, ci mancherebbe altro, altrimenti perché i parlamentari sarebbero tanto entusiasti della presenza di Mario Monti nell'emiciclo del Senato?

giovedì 3 novembre 2011

Srebrenica \2

Prima della guerra il turismo termale aveva fatto la fortuna di questa località di montagna, che Tito aveva trasformato in luogo di vacanza  e di riposo per gli operai della Jugoslavia. All'epoca i visitatori erano ospitati da due grandi alberghi, oggi chiusi e in disuso. Uno di questi si trova a pochi passi dalla chiesa ortodossa: attraverso le vetrate rotte e rese opache dallo sporco e dalla polvere si intravedono le sedie e i tavoli, accatastati in mezzo alle erbacce penetrate dall'esterno e cresciute dentro a quella che un tempo doveva essere una grande hall piena di vita.
Ma la Srebrenica ante guerra poteva contare anche su altre risorse, oltre al turismo: le miniere di argento, alluminio e zinco, per esempio, oppure l'industria del legno, in grado di produrre sedie che venivano esportate persino negli Stati Uniti.
Oggi tutto questo è poco più di un ricordo. Qualche coraggioso operatore si sta dando da fare per attrarre nuovamente turisti, ma l'industria del legno fa fatica a ripartire sia per la mancanza degli impianti necessari alla lavorazione, sia perché, degli oltre 5.000 addetti alla lavorazione del legno presenti prima della guerra, non è rimasto nessuno. O perché se ne sono andati, di loro spontanea volontà, o perché sono stati addirittura uccisi nel corso delle ostilità.
Eppure, al di là di queste note decisamente tristi, il posto conserva un incanto e una magia ineguagliabile. Sarà per merito dell'aria pura di montagna, fresca e frizzante nonostante l'umidità, oppure per merito dei boschi di faggi che rivestono le pendici dei monti, dipingendoli di sfumature di colore che vanno dal giallo all'arancione al rosso, e che risaltano in un meraviglioso contrasto con il cielo, di un azzurro limpido e terso, e con il verde dei pascoli, ricoperti di rugiada resa brillante dai raggi del sole; oppure per i grandi fiumi che scorrono silenziosi e lenti in mezzo alle vallate, con le case dei contadini allineate a poca distanza dalla riva, in mezzo alla terra fertile, e i covoni di fieno attorno ai quali pascolano placidamente greggi di pecore accudite da qualche donna anziana. Immagini di un ambiente incontaminato nel quale sembra possibile riassaporare un rapporto con la natura che dalle nostre parti è stato irrimediabilmente compromesso.
Sarà per tutti questi elementi, per i visi duri e aspri delle donne anziane, per il loro sguardo fiero che esprime la volontà di chi non si è lasciato piegare né dal lavoro né dalla fatica; sarà per questo mondo segnato da consuetudini arcaiche e usanze che si trasmettono di generazione in generazione da secoli. Sarà per tutte queste cose assieme, e forse anche per altro, che Srebrenica mi ha lasciato una traccia indelebile nell'anima e che non vedo l'ora di ritornarvi. ( fine )

martedì 1 novembre 2011

Srebrenica \1

Srebrenica è uno di quei luoghi che, un tempo, si dicevano "abbandonati da Dio". In realtà, dopo esserci stato, posso affermare che il problema di questa cittadina situata sul territorio bosniaco, a pochi chilometri dal confine con la Serbia, è che la presenza di Dio si è fatta sentire in maniera fin troppo massiccia: all'interno del nucleo di case, abitato ormai da poco più di tremila anime ( erano oltre trentamila prima della guerra ) si trovano due moschee e una chiesa ortodossa, un affollamento di edifici di culto decisamente sproporzionato alla densità di esseri umani che si aggirano desolatamente tra le pareti scoscese della gola nella quale è incastonata la città.
Nella chiesa ortodossa, in un angolo del giardino, è seppellito uno degli ultimi pope che hanno guidato la comunità serba, morto nel 1992. Nella foto ricordo posta sulla tomba l'uomo è ritratto in divisa militare, con tanto di berretto e cinturone appeso alla vita; la folta barba nera che gli incornicia il viso lo rende simile, nell'aspetto, a una sorta di Che Guevara dei Balcani. Dopo lo scoppio della guerra il pope si era messo alla guida di una banda di miliziani che si aggirava per le montagne della zona terrorizzando i contadini e i pastori di religione musulmana, uccidendo, torturando e stuprando. Ancora oggi, molti serbi del luogo lo ritengono un eroe.
L'episodio è indicativo del clima che si respira in questo angolo di Bosnia, a quasi 15 anni dalla fine delle ostilità belliche e dagli accordi di Dayton, che, sancendo le divisioni territoriali frutto della pulizia etnica, hanno esacerbato e inasprito i rancori tra la popolazione. I musulmani sentono di essere stati traditi vedendo circolare ancora a piede libero molti criminali di secondo piano che le autorità internazionali non hanno voluto, o potuto, perseguire: oltre ai pesci grossi come Mladic e Karadzic, infatti, ci sono numerosi personaggi che hanno preso parte alle spedizioni punitive, agli stupri e alle razzie, ottenendone anche dei benefici sul piano personale, ma che nessuno ha avuto il coraggio di arrestare per non irritare ulteriormente la comunità serba, già frustrata e delusa per non aver coronato il sogno della Grande Serbia e per essere stata sostanzialmente dimenticata dalla madre patria dopo la fine dei combattimenti.
Il simbolo più esplicito delle divisioni e degli odi che serpeggiano tra la popolazione è un grande striscione appeso sulla rete di recinzione del mausoleo che si trova sulla strada tra Bratunac e Srebrenica, un luogo che dovrebbe invitare alla pace e alla conciliazione. Il cimitero ospita gran parte delle tombe degli oltre 8.000 musulmani fatti giustiziare da Mladic, e le ospiterà tutte non appena i medici dell'Onu, incaricati di ricostruire i corpi estratti dalle fosse comuni con l'aiuto del Dna, termineranno il loro lavoro. Lo striscione reca la scritta "Serbia=aggressione=genocidio", quasi a ricordare a ogni persona che si reca in quel luogo il dovere di vendicare i torti subiti, invece di cercare una conciliazione con la parte serba della popolazione, anch'essa segnata da lutti e dolori, nonostante si porti addosso la responsabilità di avere dato inizio alle ostilità. ( continua )

giovedì 27 ottobre 2011

La condizione umana

In partenza per la Bosnia, con destinazione Srebrenica, non riesco a resistere alla tentazione di dare un'ultima occhiata al sito della Norges Bank Investment Management, alla pagina che contiene i report annuali delle partecipazioni azionarie e obbligazionarie del fondo norvegese in tutti i paesi del mondo, e non riesco a non rimanere stupito di fronte alla cascata compatta e greve di cifre, sigle e nomi che scorrono per oltre quaranta pagine estendosi, come i tentacoli di una gigantesca piovra, sulla superficie dell'intero pianeta terrestre.
Solo per l'Italia compaiono più di 120 aziende delle quali il fondo detiene una quota di partecipazione, per non parlare poi dell'elenco delle obbligazioni, contenute in un altro file di dimensioni più ridotte ma dal contenuto molto corposo. Per chi volesse prendersi la briga di curiosare tra le righe di questi documenti, visto che le cifre sono in Corona Norvegese, è disponibile online un comodo convertitore  Corona - Euro.
Per conto mio posso solo dire che questi report sono meglio di mille saggi di storia e di sociologia messi assieme: offrono una visione d'insieme di cosa è divenuto il nostro paese, e il mondo, negli ultimi vent'anni. Sconsolante.
Non vedo l'ora di partire.

giovedì 20 ottobre 2011

I vespri di McBain

Quest'avventura dell'87° distretto, datata 1990, è decisamente atipica nella serie di romanzi scritti da McBain. Atipica perché questa volta, il morto ammazzato, è un prete: padre Michael, animatore della vita di una parrocchia situata in mezzo ai grattacieli, allo smog e al traffico della città di Isola, luogo immaginario che da sempre fa da cornice alle indagini del detective Steve Carella.
Padre Michael, la domenica mattina, dal pulpito della sua chiesa, lancia sermoni infuocati contro i fedeli che non contribuiscono adeguatamente alle spese della parrocchia, provocando risentimenti e suscitando inimicizie, tanto che uno dei parrocchiani lo accusa di avere riportato i mercanti nel tempio, dopo che Gesù li aveva scacciati.
Bersaglio degli strali del sacerdote è anche la Chiesa del Non Nato, una setta che si riunisce a pochi isolati di distanza dalla parrocchia di padre Michael e che celebra il culto di Satana abbandonandosi a riti orgiastici di gruppo, durante i quali gli adepti esprimono scherno e disprezzo verso Gesù Cristo "il Dimenticato, pretendente al trono di Satana e monarca di schiavi, colui che confonde i servi che arrancano verso la perdizione".
Il giorno di Pasqua un ragazzo nero, sanguinante, entra correndo nella chiesa inseguito da altri cinque o sei ragazzi, tutti del quartiere, che impugnano mazze da baseball e lo rincorrono fino ai piedi dell'altare, intenzionati a dargli una lezione. Padre Michael gli si para davanti, li affronta e gli intima di uscire: li caccia fuori dalla chiesa urlando di non farsi più vedere fino a quando non impareranno a comportarsi degnamente nella casa di Dio.
Il sacerdote troverà la morte durante le preghiere della sera, i Vespri, quando le ombre si allungano nel piccolo giardino sul retro della parrocchia e i problemi si fanno sempre più assillanti e gravosi, tanto che neppure la preghiera sembra essere in grado di alleviarne il peso. E' il 24 maggio, giorno dell'Ascensione al cielo di Gesù Cristo, che secondo la tradizione cristiana avviene 40 giorni dopo la sua resurrezione.

martedì 11 ottobre 2011

La pax norvegese \4

Tra i personaggi che hanno svolto un ruolo preminente nel plasmare la politica norvegese nel dopoguerra spicca Kare Kristiansen, un figlio di puttana crudele e bastardo, il cui sguardo gelido e tagliente, unito all'aspetto ieratico, sembra fatto apposta per ricordare all'umanità l'onnipresenza e l'ineluttabilità del Male. Figlio di un pastore luterano, militante nell'Esercito della Salvezza, nasce a Bergen e inizia la sua carriera professionale come telegrafista nelle Ferrovie dello Stato nell'anno di grazia 1940, quando i tedeschi invadono il paese e insediano proprio a Bergen uno dei comandi distrettuali delle SS.
Negli anni dell'occupazione Kare non si segnala né per atti di sabotaggio né per gesti clamorosi di dissenso civile: da fervente cristiano, è probabile che approvasse il conservatorismo dei nazisti sui valori fondamentali della società, in particolare sul ruolo della donna, senza per questo condividerne l'ideologia.
Gli invasori si dimostrano subito molto soddisfatti del sistema ferroviario norvegese, tanto che gli ingegneri della Todt lo amplieranno costruendo la Nordland Line, ancora adesso l'unica linea ferroviaria norvegese che oltrepassa il Circolo Polare Artico, lunga 729 km, e la Sorland Line, di 545 km, che congiunge Oslo con Stavanger.
I tedeschi sono entusiasti della terra scandinava: ritengono che, in caso di sconfitta sul continente, potranno trasformarla nella loro roccaforte difensiva. Per questo, oltre ad un'imponente sistema di fortificazioni lungo la costa, progettano di edificare un'intera città portuale chiamata Nordstern, la Stella del Nord, una metropoli costiera che, nelle intenzioni degli occupanti, avrebbe dovuto ospitare 250.000 - 300.000 persone. Il progetto venne affidato all'architetto prediletto da Hitler, Albert Speer, ma fu presto abbandonato in seguito ai rovesci nella guerra marittima.
Finita la guerra, il giovane Kare inizia la sua carriera politica entrando nel Christian People's Party, la Democrazia Cristiana norvegese, e facendosi eleggere nel consiglio comunale della città in cui risiede, Nesodden. Cristiano conservatore, legato ai valori più tradizionali della società, si schiera da subito con l'ala più conservatrice del partito, facendo una scelta di campo che manterrà inalterata tutta la vita.
Il suo nemico principale è il movimento di secolarizzazione della società, con la conseguente disgregazione dei valori tradizionali, di cui l'emancipazione della donna diviene il motore propulsivo. Si dice contrario all'aborto in ogni caso e in ogni evenienza, persino quando la gravidanza è causata da uno stupro, anche nel corso di una guerra. E' una posizione, questa, che i fondamentalisti ribadiranno persino negli anni novanta, mentre infuria la guerra nei Balcani e le donne bosniache stuprate vengono tenute rinchiuse dai militari serbi per impedir loro di abortire.
Negli anni sessanta Kare Kristiansen fa carriera all'interno dell'azienda ferroviaria nella quale lavora, divenendo prima ispettore e poi dirigente. Nel 1969 viene eletto allo Storting, il parlamento norvegese, occupandosi soprattutto di politica estera; scala le posizioni di vertice all'interno del partito, tanto che nel biennio 1975-77 ne diverrà presidente, una carica che ricoprirà anche dal 1979 al 1983.
Infine, il grande successo: dal 1983 al 1986 diventa Ministro del Petrolio e dell'Energia, il ministero di gran lunga più importante del paese dopo la scoperta dei giacimenti nel Mare del Nord.
Per l'Occidente sono gli anni della grande svolta, del boom economico che causa il tramonto degli ideali politici e dei sogni di trasformazione sociale dei decenni precedenti. La Norvegia contribuisce abbondantemente alla crescita dell'economia occidentale soppiantando con le sue forniture di petrolio i paesi dell'Opec che avevano tenuto in scacco l'Occidente per tutti gli anni settanta.
Nel 1989 Kristiansen si ritira dalla politica nazionale in segno di protesta contro gli orientamenti prevalenti nel suo partito, che tendono sempre più a sinistra, tanto che nel decennio successivo un esponente del suo partito sarà a capo di un governo di coalizione assieme al Partito Socialdemocratico. Rimane attivo nella municipalità di Nesodden, dove ha cominciato la sua carriera politica, e farà parte del Comitato Norvegese che ogni anno assegna il Premio Nobel per la Pace.
Prima di eclissarsi definitivamente diverrà famoso per un ultimo colpo di teatro che gli conferirà fama e notorietà a livello mondiale: nel 1994 si dimette dal Comitato per il Nobel in segno di protesta contro la decisione di assegnare il Premio per la Pace ad una triade composta da Yitzhak Rabin, Shimon Peres e Yasser Arafat, che lui considera meramente un terrorista arabo indegno di ricevere anche solo una porzione del premio. Da notare che nei giorni precedenti, Rabin e Peres si erano espressi a favore dell'assegnazione del Nobel ad Arafat.
Kare Kristiansen si opporrà anche al ritiro unilaterale di Israele dalla Striscia di Gaza, fino al punto da rifiutare l'invito a presenziare ad una conferenza nella quale sarebbero intervenuti un politico israeliano moderato e il capo rabbino di Norvegia, Michael Melchior ( da notare che la Norvegia è stato il primo paese in Occidente a riconoscere Hamas ). ( fine )

venerdì 7 ottobre 2011

La pax norvegese \3

Una delle conseguenze più tragiche della connivenza della società norvegese con le truppe di occupazione nazista è stato il destino riservato ai bambini nati da relazioni tra i soldati tedeschi e le donne del paese nordico.
Tra la popolazione scandinava e l'esercito del Reich, infatti, si creò subito un certo "feeling" dovuto, più che alla fede nell'ideologia, alle forti attinenze somatiche e culturali esistenti tra i due popoli. Per i nazisti, gli scandinavi rappresentavano l'ideale puro della razza ariana e già dal 1935 Heinrich Himmler aveva pensato di arianizzare il popolo tedesco attraverso unioni dei propri rappresentanti maschili con esemplari perfetti di purezza razziale, anche importandoli da paesi stranieri come la Norvegia.
Cosi, i comandanti dell'esercito di occupazione incoraggiavano fortemente i loro sottoposti ad avere rapporti sessuali con le donne del luogo e la simpatia che queste provavano per gli occupanti era tanto forte che, poco mesi dopo l'occupazione della Norvegia, erano già più di ottomila le ragazze rimaste incinta a causa di relazioni con ufficiali o soldati della Wermacht.
A questo punto, i gerarchi nazisti ebbero l'idea di promuovere la procreazione su vasta scala di bambini razzialmente puri, con lo scopo di creare una sorta di aristocrazia eletta che rispondesse ai canoni più elevati dell'ideale ariano: tra il 1940 e il 1945 ogni donna norvegese incinta, in grado di provare le origini 'ariane' del proprio bambino, aveva diritto a sostegno finanziario e a un trattamento privilegiato. Si stima che i bambini nati da relazioni più o meno legittime tra donne norvegesi e soldati nazisti fossero tra i 10 e i 12 mila, almeno la metà dei quali ospitati nelle istituzioni citate con il termine 'Lebesborn', una sorta di asili nei quali ricevevano un'alimentazione particolare e venivano educati alla mentalità nazista.
Ma dopo la fine della guerra, il senso di colpa della popolazione norvegese per avere collaborato con i nazisti sfociò nella ricerca di un capro espiatorio sul quale scaricare tutte le responsabilità e la scelta cadde, con triste ovvietà, sui soggetti socialmente più deboli: le "puttane del crucco" vennero considerate traditrici della Patria, arrestate e chiuse in campi di concentramento; nella sola Oslo questa sorte toccò a oltre mille donne. I bambini vennero strappati alle madri e chiusi in orfanatrofi, oppure dati in adozione senza che potessero mai sapere la verità sulla loro nascita. Altri, picchiati e maltrattati, furono internati in istituti psichiatrici dove, oltre a subire violenze ed abusi sessuali, vennero persino adoperati come cavie di esperimenti per testare gli effetti di sostanze allucinogene e stupefacenti quali LSD  e mescalina, per poi venire bollati, per un'atroce beffa finale, come "ritardati mentali".
Nel 1945 il governo norvegese, forte del consenso tra l'opinione pubblica, emanò una legge retroattiva che sanciva che ogni donna "sposatasi nei cinque anni precedenti con un nemico tedesco, perderà immediatamente la cittadinanza".
Per dare un'idea del clima che si era creato in quei giorni, uno dei più diffusi giornali norvegesi scriveva: " tutti questi bambini tedeschi cresceranno e costituiranno una larga minoranza bastarda all'interno del nostro popolo... essi sono incapaci di diventare norvegesi: i loro padri sono tedeschi, le loro madri sono tedesche per mentalità e per comportamento".
Un noto psichiatria, Ornuf Odegard, affermò che "queste donne sono con ogni probabilità mentalmente ritardate" e "in ragione della teoria dell'ereditarietà anche buona parte dei loro figli lo sarebbe stata."
Il governo pensò di liberarsene tramite un piano di deportazione di massa in Svezia e, soprattutto, in Australia dove, secondo i piani governativi, dovevano essere deportati almeno novemila bambini.
Per fortuna, dopo alcuni anni, il clima iniziò a raffreddarsi e a ogni donna a cui era stata tolta la cittadinanza per decreto venne consentito il rientro in patria, ma a una condizione: quella di firmare una dichiarazione nella quale si accettava che "l'opinione pubblica è contro di lei, che ci sarebbero state difficoltà e situazioni spiacevoli per lei e i suoi figli, che all'occorrenza avrebbe potuto essere internata e che si trattava di un soggiorno temporaneo."
Il caso più famoso tra i figli del progetto Lebensborn è quello di Frida, la cantante del gruppo svedese degli Abba, che fu costretta a emigrare in Svezia assieme alla madre e alla nonna per sfuggire alle persecuzioni e che riuscì a rintracciare il padre tedesco solo da adulta, negli anni settanta. E' superfluo aggiungere che Frida non è mai tornata a vivere in Norvegia, preferendo stabilirsi in Svizzera. ( continua )

nella foto Frida, cantante degli Abba

martedì 4 ottobre 2011

La pax norvegese \2

Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, l'industria pesante tedesca, in particolare quella dell'acciaio, dipende fortemente dalle importazioni di minerale ferroso estratto dalle miniere nel nord della Svezia. Durante l'inverno, il Mar Baltico ghiaccia e i collegamenti via nave si interrompono, pertanto gli industriali svedesi decidono di costruire una linea ferroviaria che, attraversando le montagne della Svezia, giunge fino a Narvik, un porto situato sulla costa settentrionale della Norvegia. Il porto di Narvik rimane aperto tutto l'anno, anche se si trova oltre il Circolo Polare Artico, perché è lambito dalla Corrente del Golfo che mantiene sempre elevata la temperatura dell'acqua, impedendo che ghiacci. Qui le navi mercantili norvegesi caricano il minerale e lo trasportano verso sud, fino alla Germania.
Per proteggere il cammino dei bastimenti e garantire il flusso continuo degli approvigionamenti, Hitler decide di invadere la Norvegia e il 3 aprile 1940, le navi della Marina del Reich si presentano davanti alla città di Oslo. La loro avanzata è ritardata dalla temporanea resistenza di una guarnigione militare insediata nella fortezza di Akershus, resistenza che dura il tempo strettamente necessario a consentire la fuga della famiglia reale e del governo in carica, evitando la capitolazione alle condizioni di resa poste dai tedeschi, ma lasciando intatti nelle mani del nemico porti, aeroporti, arsenali militari e stazioni radio.
La maggioranza della popolazione non sembra per nulla intenzionata a contrastare l'avanzata delle truppe del Reich e Vidkun Quisling può insediarsi al vertice di un governo filo-nazista, coronando le sue ambizioni. Il partito da lui fondato, il Nasjonal Samslin, gode dell'appoggio dei contadini benestanti del sud e dell'est del paese, degli industriali in affari con la Germania, tra cui ovviamente gli armatori, e di un certo numero di cittadini provenienti dalle famiglie più antiche del paese, che costituiscono una sorta di elite morale della Norvegia: ufficiali di carriera, educatori, funzionari, teologi, scrittori e piccoli coloni.
Quisling però non riscuote l'entusiasmo della popolazione, così Hitler lo sostituisce con il ReichsKommissar Josef Terboven, che reggerà le sorti del paese fino al maggio 1942 continuando lo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie già programmato e dando il via alla partnership fra la più importante azienda norvegese di allora e di oggi, la NorskHydro, con l'industria chimica tedesca IG Farben, divenuta celebre per aver impiantato uno stabilimento a fianco del campo di Auschwitz, dove sfruttava la manodopera degli internati. La collaborazione serve a costruire nuovi impianti per la fabbricazione dell'alluminio, indispensabile per sostenere lo sforzo bellico dell'industria aerospaziale tedesca.
Nel frattempo Terboven avvia la persecuzione antiebraica che porterà alla distruzione della piccola comunità norvegese: nel maggio del 1940 gli ebrei vengono costretti a consegnare gli apparecchi radio alle autorità tedesche, dopodiché per quasi due anni sono fatti oggetto di atti di vandalismo, intimidazioni e altri divieti, quale quello di suonare le musiche tradizionali. Il 7 ottobre del 1942 il comandante delle SS in Norvegia ordina al capo della polizia di arrestare tutti gli ebrei maschi del paese. Quisling, ritornato al potere nel maggio del 1942, emana un provvedimento che stabilisce la confisca delle proprietà ebraiche, il sequestro dei conti bancari, dei gioielli e degli oggetti di valori. Gli ebrei vengono imbarcati sulla nave Donau, evacuati verso Stettino e, da qui, condotti ad Auschwitz via treno. ( continua )

nella foto la Croce Solare, simbolo dell'ala militare del Nasjonal Samling

sabato 1 ottobre 2011

La pax norvegese \1


E' evidente che la retorica del Premio Nobel per la Pace è solo una stucchevole facciata per nascondere una politica aggressiva e rapace, che non si vergogna di passare sopra ai diritti umani di popolazioni inermi pur di trarre profitto dalla libertà di investire in giro per il mondo.
Negli anni novanta del secolo scorso, i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia hanno spalancato le porte dei loro impianti strategici per la difesa all'ingresso dei capitali norvegesi. Perché ciò sia avvenuto è tutt'altro che agevole da capire: infatti, è evidente che non basta possedere pacchi di soldi per poter acquisire partecipazioni azionarie di aziende che fabbricano bombe atomiche, o sono incaricate dai rispettivi governi di eseguire la manutenzione dei missili a testata nucleare oppure, ancora, producono le famigerate bombe a grappolo, vietate dalla Convenzione di Oslo. La fiducia accordata dalle maggiori potenze occidentali agli emissari del Fondo Norvegese affonda le sue radici nella comunanza politica e religiosa tra gli ambienti più conservatori, e più estremisti, di entrambe le parti. Mi riferisco, in particolare, alla tradizione religiosa luterana di matrice norvegese, che negli Stati Uniti, in molti casi, ha mantenuto vivi i legami con la madre patria, dissociandosi dalla scelta fatta dagli immigrati luterani di origine tedesca ed olandese di creare una chiesa "nuova", completamente americana e perciò libera dalle influenze del vecchio continente.
Accettando di foraggiare con i proventi del petrolio del Mare del Nord le massicce ristrutturazioni delle aziende di armamenti, che hanno avuto come effetto quello di tagliare tutti quei settori non direttamente coinvolti nella produzione bellica e quindi inefficienti sul piano del profitto, il governo norvegese ha ottenuto come ricompensa, alla fine della seconda guerra in Irak, l'assegnazione degli appalti ventennali su uno dei maggiori giacimenti petroliferi nel Sud dell'Iraq: una riserva di 13 miliardi di barili di petrolio che toglierà definitivamente ai norvegesi l'angoscia per il precoce esaurimento delle riserve del Mare del Nord, e garantirà al Fondo Pensionistico una rendita di posizione enorme, grazie alla quale la Norges Bank ( la Banca Centrale di Norvegia ) potrà inondare l'economia mondiale di capitali freschi.
Il patto con il Diavolo, quindi, ha pagato: l'estrema destra americana ha voluto ricompensare lautamente il governo scandinavo per lo sforzo fatto da questi nel finanziare la riorganizzazione del settore degli armamenti, indispensabile per sostenere l'impegno bellico seguito agli attentati dell'11 settembre, concedendo alla Statoil, l'azienda pubblica norvegese che si occupa dell'estrazione del petrolio nel mare del Nord, la possibilità di trivellare l'enorme giacimento irakeno, possibilità che gli eredi di Alfred Nobel, con tutte le loro  buone intenzioni e la loro buona volontà, non erano riusciti neppure a sfiorare. ( continua )
nella foto, Vidkun Quisling

martedì 27 settembre 2011

Bologna è una vecchia signora

La prima volta che sono stato a Bologna era l'inverno del 1985, avevo 15 anni e presi parte al consueto pellegrinaggio annuale dei miei amici che andavano a  visitare il Motorshow.
Ci ritornai dopo la maturità, alla fine dell'estate del 1987, per chiedere informazioni sulle facoltà universitarie. Ero assieme a un amico che aveva le idee molto più chiare di me, tanto che lui si iscrisse subito a Ingegneria, io invece oscillavo ancora tra Lettere e Scienze Politiche.
La sera andammo a vedere Francesco Guccini che suonava in una specie di mega tendone dalle parti di via Stalingrado, o almeno così pare a me. C'era un clima a metà tra la festa di paese, il comizio politico e la mangiata in osteria, con il pubblico seduto sulle sedie disposte ai piedi del palco e Guccini a sua volta seduto davanti al microfono con la chitarra in mano, che alternava i pezzi musicali ad affabulazioni torrenziali, inframezzando il tutto con robuste sorsate da un fiasco di Sangiovese che teneva amorosamente accanto ai suoi piedi.
A pensarci oggi, quella Bologna sembra lontana mille anni. Quando terminai l'università, alla metà degli anni novanta, il clima si era già notevolmennte deteriorato, in particolare nella zona universitaria e nel centro storico.
Oggi Bologna è una città in cui i rapporti umani sono difficilissimi, li definirei addirittura "pietrificati"; la politica cittadina è vistosamente in crisi, tanto che a detta di molti il miglior amministratore che ha avuto la città negli ultimi anni è stato il commissario governativo Anna Maria Cancellieri; l'ambiente universitario, al di là del caos generato dalla presenza di migliaia di giovani, non sembra più riuscire ad esprimere contenuti originali ed innovativi.
Osservavo gli studenti durante i giorni dell'occupazione e mi davano l'impressione di voler scimmiottare a tutti i costi i comportamenti degli adulti, senza sforzarsi minimamente di sviluppare una propria cultura autonoma e di guardare il mondo con spirito critico. Voglio dire che, a parte le quantità torrenziali di lingerie femminile che si vedono per via Zamboni e dintorni, la popolazione studentesca sembra avere smarrito la capacità di esprimere qualcosa di interessante per il mondo degli adulti, il cui monotono e ripetitivo edonismo, invece, sembra essersi affermato anche tra i più giovani, e questo riempie il cuore di tristezza.

lunedì 19 settembre 2011

I nipoti di Quisling e il Fondo Pensionistico Norvegese \4

Nelle ultime volontà di Alfred Nobel, morto nel 1895, si legge che "il Premio Nobel per la Pace dovrà essere assegnato alla persona che ha fatto il massimo e miglior lavoro per la fratellanza tra le nazioni, per l'abolizione o la riduzione degli armamenti esistenti e per l'organizzazione e la promozione di iniziative in favore della pace."
Non è chiaro cosa abbiano a che fare i sacri principi di Alfred Nobel con le quote di partecipazione delle aziende militari che hanno gonfiato per quasi vent'anni il portafoglio del Fondo Pensionistico Norvegese, facendone il secondo fondo sovrano al mondo dopo quello degli sceicchi di Abu Dhabi. Dal 2005 al 2010, infatti, il governo si è disfatto di tutte le quote azionarie imbarazzanti, forse nel tentativo disperato di minimizzare l'impatto delle class action e di far cassa in vista delle cause di risarcimento che potrebbero piovere sulla testa del governo norvegese, non appena verrà sollevato il velo sulle complicità delle stesse aziende nei conflitti e nei genocidi che, negli anni novanta, hanno devastato in tutto il mondo, Europa compresa, l'esistenza di popolazioni inermi.
Per ironia della sorte, nella storia ultracentenaria del premio Nobel per la Pace sono finiti tra i candidati anche Adolf Hitler, Benito Mussolini e Joseph Stalin, anche se il primo fu proposto come una provocatoria reazione alla candidatura di Neville Chamberlaine, allora artefice della politica di appeasement verso Hitler.
Resta il fatto che se la Birmania, negli anni passati, è stata in grado di contribuire allo svuotamento degli arsenali del blocco di Varsavia comprando in blocco armamenti obsoleti per mezzo di valuta pregiata, consentendo agli stessi paesi di rifornirsi di tecnologia militare all'avanguardia, una parte consistente di questo merito va agli amministratori del Fondo norvegese, che hanno potuto agire incontrollati in un periodo nel quale il paese scandinavo, come per gran parte della sua storia, era governato dal Partito Socialdemocratico.
Dimenticavo di aggiungere che il Fondo possiede anche rilevanti quote di partecipazione nelle principali aziende petrolifere ed energetiche della Thailandia, ma quella dello sviluppo dell'economia turistica nel Sud-est asiatico, che sembra essere l'obiettivo principale della costruzione dei due gasdotti Yadana e Yetagun, è una storia che andrà raccontata a parte e in dettaglio più avanti. ( fine )

venerdì 16 settembre 2011

I nipoti di Quisling e il Fondo Pensionistico Norvegese \3

Il Consiglio sull'Etica, dopo avere sconsigliato al governo di disfarsi delle quote di partecipazione nelle società petrolifere, ha stilato un elenco di aziende dalle quali il Fondo, sempre per motivi etici, dovrebbe ritirarsi.
E qui sono iniziate le sorprese, perché nell'elenco, che comprende oltre 40 aziende, compaiono i colossi mondiali della produzione e della fornitura di armi: la Locheed Martin, ad esempio, una delle principali ditte appaltatrici a livello mondiale di commesse militari. Nata nel marzo 1995 dalla fusione tra Locheed Corporation e Martin Marietta, Locheed Martin deve oltre il 70% del fatturato alla produzione di tecnologia per armamenti, tra cui le bombe a grappolo, divenute tristemente famose per i loro effetti sulla popolazione civile e messe al bando da un trattato siglato proprio in Norvegia il 3 dicembre 2008 e conosciuto come Convenzione di Oslo.
E poi ancora, fino al 2005 il Fondo possedeva quote di Honeywell, nel cui impianto di Kansas City vengono prodotti i componenti per assemblare le bombe atomiche dell'arsenale degli Stati Uniti. Della Boeing, incaricata della manutenzione dei missili balistici a lungo raggio del governo americano. Della L-3 Communications, nata nel 1997 dalla dismissione da parte della Locheed di alcune unità che non erano previste all'interno del nuovo colosso nato dalla fusione con Martin Marietta, specializzata anch'essa nella produzione di bombe a grappolo.
Nell'elenco compare anche la nostra Finmeccanica, che produce missili nucleari per l'aviazione francese e la SAFRAN, azienda d'oltralpe che fornisce missili nucleari alla marina francese.
Ma nella lista compaiono anche l'Africa Israel Investments, una holding internazionale specializzata in costruzioni accusata di aver violato la Convenzione di Ginevra costruendo nei territori occupati dai palestinesi; la Vedanta Resources, accusata di disastro ambientale e di violazione dei diritti umani nell'India Orientale e Wall-Mart, una catena di distribuzione americana spesso messa all'indice pubblicamente per l'atteggiamento anti-sindacale dei suoi dirigenti.
L'intera lista è pubblicata sulla pagina in inglese di Wikipedia dedicata al Fondo Pensionistico Norvegese, purtroppo non ancora tradotta in italiano. ( continua )

giovedì 15 settembre 2011

I nipoti di Quisling e il Fondo Pensionistico Norvegese \2

Nel 2004 il Ministro delle Finanze norvegese, titolare del Fondo, ha istituito un Consiglio sull' Etica, un organo indipendente incaricato di valutare se gli investimenti fatti dal Fondo fossero in linea con le linee guida adottate dal governo in fatto di etica.
Il Consiglio ha riconosciuto che la giunta militare della Birmania ha violato le norme più elementari in fatto di diritti umani, arrivando a sopprimere con la violenza ogni opposizione al regime. In particolare, il Consiglio ha ammesso che la realizzazione delle infrastrutture sul territorio birmano, completate in anni recenti, abbia comportato l'uso di atrocità quali la tortura, gli stupri, l'omicidio e le deportazioni forzate di masse di lavoratori che non hanno avuto alcuna possibilità di far valere i loro diritti.
In aggiunta, il Consiglio sull'Etica ha citato l'esito di una causa giudiziaria divenuta celebre negli Stati Uniti,"Doe v. Unocal", intentata da una giovane donna il cui figlio neonato è morto in seguito alle ustioni riportate dopo essere caduto nel fuoco, durante l'irruzione nella sua casa da parte di alcuni militari birmani che stavano rastrellando il villaggio.
Il tribunale ha dato ragione alla madre e ha condannato l'allora Unocal, oggi Chevron, a risarcirla per il danno subito. Il Consiglio sull'Etica, citando questa causa, ha riconosciuto anche la responsabilità della Total negli abusi compiuti durante la costruzione del gasdotto. Ciò nonostante, il Consiglio si è pronunciato a sfavore dell'esclusione della Total dagli investimenti del Fondo Pensionistico, con la motivazione, discutibile, che gli abusi che si sono verificati in passato difficilmente possono ripetersi oggi.
In verità le violazioni dei diritti umani in Birmania sono proseguite anche in seguito all'ultimazione dei gasdotti, per le necessità connesse alle esigenze di manutenzione della rete distributiva: il lavoro forzato, la confisca delle terre, le torture continuano tutt'ora, tanto che alcune persone che hanno lavorato per la Total riportano che gli autocarri della compagnia vengono usati normalmente per trasportare truppe e materiale dell'esercito.
L'associazione Earthrights International, che ha assistito la madre birmana nella causa intentata alla Chevron, ha pubblicato un report sull'intera vicenda dal titolo "Broken Ethics", scaricabile dal sito dell'associazione. ( continua )

martedì 13 settembre 2011

I nipoti di Quisling e il fondo pensionistico norvegese /1

Questa, come direbbe Carlo Lucarelli, è una brutta storia, di quelle che fanno vergognare e che mettono anche un po' paura.
Il Fondo Pensionistico Norvegese venne creato nel 1990 per reinvestire sul mercato mondiale i proventi dell'estrazione di petrolio e gas dai giacimenti del Mare del Nord. Il Fondo venne messo sotto la direzione della Banca Centrale Norvegese e del Ministero delle Finanze.
Nello stesso periodo, in Birmania, la Total e la Chevron davano inizio ai lavori di costruzione dei gasdotti Yadana e Yetagun, destinati a convogliare verso la Thailandia il gas estratto dal Mar delle Andamane. A tutt'oggi, il Fondo Pensionistico Norvegese ha investito in quest'iniziativa circa 3,7 miliardi di dollari.
In Birmania vige una dittatura militare nota in tutto il mondo per la sua brutalità, tanto da essere stata riconosciuta colpevole delle seguenti violazioni dei diritti umani:
- uso dello stupro come arma di guerra contro le donne e i bambini di etnie diverse dal gruppo nazionale birmano che detiene il potere
- utilizzo diffuso del lavoro forzato per la costruzione di infrastrutture
- persecuzione di oltre 1350 prigionieri politici, molti dei quali vengono abitualmente torturati
- l'aver costretto tra 600 mila ed 1 milione di persone ad abbandonare le loro terre e a fuggire all'estero, principalmente in Thailandia
- investimento di circa la metà del bilancio statale in spese militari, mentre solo tra il 2 e il 4% viene speso in sanità, con la conseguenza che il il 10% dei bambini muore prima del compimento dei 5 anni

La costruzione dei gasdotti Yadana e Yetagun non ha fatto eccezione a questo funesto record. Nel 1991, l'intera regione che doveva essere attraversata dai gasdotti venne militarizzata con l'invio sul posto di 16 battaglioni dell'esercito. Migliaia di famiglie di contadini che vivevano nella zona vennero sfollate, villaggi interi furono evacuati con la forza per consentire ai tecnici delle compagnie petrolifere di tracciare il percorso delle infrastrutture.
Le violazioni di diritti umani contro la popolazione locale sono testimoniate sia dalle vittime che da testimoni e disertori dell'esercito birmano: stupri, torture ed esecuzioni di civili sono stati i mezzi con cui i militari, per portare avanti il progetto, hanno coscritto bambini, anziani ed infermi, impiegandoli a migliaia nei lavori di scavo, nella costruzione di strade di servizio e di eliporti, ma anche di caserme e di accampamenti destinati ai militari e agli uomini delle compagnie. I civili dovevano lavorare tutto il giorno sotto la minaccia di punizioni corporali e maltrattamenti, e a fine giornata erano costretti a trovarsi da soli il cibo, l'acqua e un giaciglio dove dormire.
I gasdotti sono stati terminati nel 1998 e da allora hanno fruttato al governo birmano una media di 400 milioni di dollari l'anno. L'esportazione di gas verso la vicina Thailandia, infatti, è divenuta la voce principale dell'export della Birmania, tanto che si può tranquillamente affermare che, oggi, la dittatura militare si regge sui ricavi della vendita del gas del Mar delle Andamane. ( continua )

giovedì 8 settembre 2011

Le cure della casta

Incredibile ma vero: i rappresentanti della casta non vanno a farsi curare negli ospedali pubblici come noi comuni mortali, ma hanno a disposizione un'assistenza sanitaria integrativa finanziata da Montecitorio.
Secondo i dati resi noti dai radicali, la Camera assicura un rimborso sanitario privato non solo ai 630 onorevoli, ma anche a 1109 loro familiari, compresi (per volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i conviventi more uxorio.
Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro.
Tre milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche. Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e 138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila euro di ticket.
Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati, tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la deputata Rita Bernardini - quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitaria come ad esempio balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura (ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li hanno voluti dare".
E non finisce qui: sull'Espresso di qualche settimana fa c'era un articoletto che spiega come, di recente, il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese. Inoltre la mozione è stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.

RIASSUMENDO:
STIPENDIO Euro  19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00) 

TUTTI ESENTASSE
+
TELEFONO CELLULARE gratis
TESSERA DEL CINEMA gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis
FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
FS gratis
AEREO DI STATO gratis
AMBASCIATE gratis
CLINICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis
ASSICURAZIONE MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00).
Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubbico impiego)
Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)
La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.
La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!

martedì 30 agosto 2011

Ciao Simon

Conoscevo Simon: era un uomo ricco di umanità e di gioia di vivere. Per anni ha allietato le serate al bar suonando la chitarra e cantando, con un'allegria che riscaldava il cuore e ti faceva pensare che il senso della vita risiedesse proprio nella semplicità di quei momenti, nel calore della compagnia di qualche amico e nella leggera ebbrezza che ti spingeva a tirare tardi scolando lattine di birra.
In seguito la vita ha riscosso il suo pedaggio irrompendo pesantemente in quel mondo di personaggi scalcinati ma semplici, sgraziati ma vitali, marginali ma fieri di riuscire ogni volta, giorno dopo giorno, a mettere insieme quel poco o quel tanto che bastava per illuminare la loro esistenza quotidiana, utilizzando ciò che un momento, una situazione o una serata metteva a disposizione, trasformando quasi per incanto la banalità in armonia ed emozione.
Negli ultimi anni lo avevo perso di vista, quindi non saprei dire quali siano stati i motivi alla base del suo tragico gesto. E' certo che, a un certo punto, qualcosa si deve essere rotto, fuori e dentro di lui. Forse non è più riuscito a trovare attorno a sé quel calore che lo spingeva a tirare avanti anche in mezzo alle difficoltà quotidiane, oppure le difficoltà erano diventate troppo pesanti e angosciose per poter essere alleggerite solo con l'aiuto di una chitarra, di una lattina di birra e la compagnia di qualche amico.
Ora che ho terminato il mio secondo romanzo, sto pensando di dedicarlo a lui, ma so già che non avrò il coraggio di farlo perché non lo conoscevo abbastanza a fondo e io sono affetto da una sorta di pudore dei sentimenti che m'impedisce di esprimere adeguatamente quello che provo; voglio però ricordarlo ugualmente per tutte le serate nelle quali ha dispensato a piene mani la sua allegria, per la sua energica esuberanza di toscano imbastardito, per la passione triste e ostinata per la sua squadra del cuore, la Fiorentina e, infine, per la sua profonda e dolente umanità.
Ciao Simon, è stato bello conoscerti

sabato 27 agosto 2011

I 5 comandamenti che mancano all'appello

Il genio comico di Mel Brooks una volta suggerì che Dio aveva dato all'umanità 15 comandamenti, scritti su 3 tavole, e non 10, come tramandato dalla tradizione. Quando Mosè si presentò al popolo d'Israele per mostrare le tavole della legge, una di queste cadde in terra e andò in pezzi, facendo perdere 5 dei 15 precetti. Dopo un attimo di comprensibile smarrimento Mosè si riprese brillantemente annunciando alla gente osannante sotto il Monte Sinai che i comandamenti erano 10, scritti sulle due tavole che reggeva con le mani. Pertanto era tutto a posto e non dovevano preoccuparsi.
Mi sono chiesto spesso in cosa potessero consistere i 5 precetti mancanti perché, a dire il vero, quelli che ci sono stati inculcati mi sono sempre apparsi carenti. Secondo me se ne possono tranquillamente aggiungere altri. Ad esempio:
"Non sperperare inutilmente il denaro, erogando prestiti a coloro che non sono in condizione per restituirli ( vedi: aziende che stanno per fallire ), soprattutto se ti è stato affidato da altri per farlo fruttare, altrimenti il Signore Dio tuo ti prenderà a calci nel culo per l'eternità."
Oppure:
"Segui sempre la via del Signore e non immischiarti in faccende che non hanno nulla a che fare con la vita spirituale, oppure la collera dell'Eterno si abbatterà sui tuoi figli fino alla millesima generazione."
E via di questo passo. Come suggerisce l'interpretazione di Mel Brooks, l'umanità ha sempre ignorato i 5 comandamenti andati persi, vivendo così nel peccato e nella corruzione. Che sia giunto il momento di rimediare? Si potrebbe indire un concorso...

La pazza storia del mondo 1

giovedì 25 agosto 2011

Armiamoci e partite

L'austero richiamo al rigore fiscale del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, si iscrive in quella lunga serie di generosi e poco nobili tentativi, molto in voga nel nostro  paese, di fare gli eroi con la pelle degli altri.
La Chiesa Cattolica, come ormai è arcinoto, non paga un centesimo di imposta su tutti gli immobili, siano essi utilizzati a fini commerciali che a fini puramente assistenziali e benefici. La misura venne adottata nel 2005 dal governo Berlusconi con il Decreto Fiscale collegato alla Legge Finanziaria, che introdusse l’esenzione ICI per gli immobili della Chiesa adibiti a scopi commerciali (ulteriormente estesa alle associazioni no-profit).
Il d.l. 223 del 4 luglio 2006 ha successivamente eliminato tale esenzione, ma solo in teoria perché la sua formulazione («Attività di natura esclusivamente commerciale»), vanificò di fatto il provvedimento e mantenne in vigore tale privilegio: è infatti sufficiente che all’interno dell’immobile destinato ad attività commerciale si mantenga una piccola struttura destinata ad attività religiose.
Il patrimonio immobiliare della Chiesa cattolica è enorme (si parla di un 20-25% dell'intero territorio nazionale), ed è difficile dire quanto di tale patrimonio sia utilizzato per fini spirituali e quanto per fini commerciali.
A questo si aggiunga il contributo dell'8 per mille sull'Irpef, che una norma bizzarra destina interamente alla Chiesa cattolica nel caso di mancata indicazione da parte del contribuente; il pagamento dello stipendio agli insegnanti di religione nelle scuole, che sono 25.000 e costano oltre 800 milioni l'anno; lo sgravio del 50% dell'imposta sul reddito delle società (Ires) agli enti ecclesiastici operanti nei settori dell’istruzione e della sanità, un risparmio stimato in quasi un miliardo di euro; la fornitura dell'acqua alla Città del Vaticano, interamente a carico dello Stato italiano; l'esenzione dell'Irpef per tutti i lavoratori della Santa Sede e della Città del Vaticano: almeno duemila persone.
Inutile fare ulteriori commenti se non che gli articoli di fondo partoriti dall'Avvenire in questi ultimi giorni, pieni di richiami lacrimosi e strappalacrime alla vocazione assistenziale e benefica della Chiesa, suscitano solo il senso del ridicolo, per non dire il profondo disprezzo, da parte di chi si trova già oberato di sacrifici e rischia di vedersi ulteriormente caricato il peso da portare, in nome del risanamento finanziario del paese.

domenica 14 agosto 2011

Il velo dell'ipocrisia

Ce l'hanno fatta anche questa volta, i rappresentanti della mega casta nazionale, a scaricare sulle altre categorie il peso dell'ennesima strizzata che il capitalismo finanziario ci ha imposto, non si capisce bene se per aiutarci a rimettere a posto i conti o per affondarci definitivamente, magari nella speranza di impossessarsi di qualche bene nazionale di grande valore.
Quando l'India era una colonia britannica, veniva spremuta senza pietà attraverso un'imposizione fiscale rapace e selvaggia, che distruggeva l'economia e la vita di interi villaggi pur di mantenere inalterato il livello di entrate della madrepatria. In realtà gli inglesi, direttamente, non estorcevano una rupia alla popolazione indiana, ma delegavano l'ingrato e duro compito ad una classe di possidenti locali i quali, pur di mantenere intatti i propri privilegi, si prestavano volentieri all'infame attività di spremere i propri connazionali.
Senza voler fare paralleli che suonerebbero molto azzardati ( l'Italia di oggi non è un paese sottosviluppato, o almeno, non lo è ancora diventato ) colpisce fortemente l'analogia tra la casta dei possidenti indiani che si adattò al regime coloniale inglese pur di sopravvivere e la nostra classe politica nazionale e regionale, sempre pronta a elaborare nuovi balzelli per accontentare le richieste di mercati finanziari implacabili ed esigenti ma, a quanto pare, strutturalmente incapace di farsi responsabile in prima persona dei sacrifici necessari per tenere a galla un paese sempre più incravattato dai propri debiti.

L'articolo di Gian Antonio Stella sulla manovra del governo

lunedì 1 agosto 2011

Buone vacanze

Dopo tante fatiche bloggeristiche è giunto il momento del meritato riposo. Vado a rosolarmi al sole della Calabria, riaprirò i battenti dopo Ferragosto (salvo imprevisti).
Buone ferie a tutti!

sabato 30 luglio 2011

Gli utili idioti

Ieri sera su La7 ho visto di nuovo Borghezio, aveva lo sguardo dimesso e rassegnato del discolo messo in castigo dietro la lavagna. In mattinata si era recato all'ambasciata norvegese a Roma per chiedere scusa delle frasi pronunciate in seguito all'attentato di Oslo, quando aveva dichiarato che molte delle idee di Andreas Breivik "sono buone, alcune ottime. È stato strumentalizzato. È per colpa dell'invasione degli immigrati se poi sono sfociate nella violenza. Io penso che la difesa dell'Europa cristiana, anche in termini di crociata contro l'islamismo e il terrorismo, contro il progetto del Califfato in Europa, è sacrosanta."
Secondo l'esponente leghista, sospeso per tre mesi dal partito, i funzionari dell'ambasciata lo hanno persino ringraziato e lui, all'uscita, messo di buonumore dall'accoglienza ricevuta, si è lanciato nel commovente gesto di raccogliere la cacca di un cane dal selciato romano.
Ieri sera, incalzato e sfidato da Luisella Costamagna e da Marco Rizzo a ribadire i concetti espressi il giorno dopo la strage in Norvegia, Borghezio continuava a tenere lo sguardo basso e il musetto imbronciato, cercando di rappezzare, inutilmente, la massa di stupidaggini che il suo cervello bacato aveva prodotto nei giorni e nei mesi precedenti.
Ora che persino i suoi sodali di partito lo hanno scaricato, possiamo definitivamente consegnarlo ai norvegesi. Se lo tengano pure. E che gli facciano la festa.

venerdì 29 luglio 2011

Capitan America - Il primo vendicatore

Qualche sera fa sono andato a vedere questo flm perché mi ricordava quando, da bambino, mi immergevo nella lettura dei fumetti della Marvel, lettura alla quale mio padre tentava invano di strapparmi comprandomi "Il corriere dei piccoli".
Il film non è un capolavoro, ma è più che gradevole. Steve Rogers si cala molto bene nella parte del ragazzo gracile e rachitico che, disgustato dalle atrocità dei nazisti, vorrebbe dare il suo contributo allo sforzo militare del suo paese. Nonostante venga respinto in continuazione alla visita militare, anche cambiando distretto, verrà aiutato da un medico ebreo sfuggito alle persecuzioni di Hitler a coronare il suo sogno. Tommy Lee Jones interpreta alla perfezione il ruolo del generale all'apparenza duro e cinico, ma animato da un forte spirito patriottico nel difendere i principi del suo paese. Nel finale fa una breve apparizione anche un arrembante Samuel Jackson, con tanto di benda nera calata sull'occhio.
Il film ha il merito di proporre una vicenda nella quale le contrapposizioni politiche sono aspre e precise, dopo anni in cui il neutralismo morale in voga ci ha costretto ad assistere a stucchevoli ritrattini dei coniugi Goebbels e degli altri gerarchi nazisti ripresi nell'intimità delle vicende familiari, mentre i partigiani venivano presi a calci da registi pidocchietti dal dubbio valore artistico e morale.
Ha quasi dell'incredibile che oggi, nel 2011, una distinzione netta tra buoni e cattivi, antinazisti e nazisti, partigiani e SS ci venga proposta in maniera così chiara e convincente da un film tratto da un fumetto per bambini. Ma è anche la dimostrazione di quanto il nazismo democratico dell'era Bush sia penetrato in fondo nella cultura degli adulti. I bambini salveranno il mondo?

mercoledì 27 luglio 2011

Tommy gun

E' stata la band più politicizzata della storia del rock, almeno fra quelle maggiormente conosciute. Oggi il loro spirito di rivolta ci manca come l'ossigeno, sarebbbe la scintilla giusta per incendiare la rabbia che cova sotto la cenere di questa società legnosa e asfittica, e scuotere dalle fondamenta un'autorità che si fonda sempre più sull'apatia e sull'indifferenza delle moltitudini.
Nessuna band come i Clash ha saputo miscelare generi musicali diversi (rock, reggae, soul, dub e ska) per ricavarne una musica energicamente e aggressivamente cosmopolita, che fosse qualcosa in più di un'asettica sommatoria delle singole componenti.
Ci manca soprattutto Joe Strummer, l'aristocratico ribelle figlio di un diplomatico inglese conquistato alla causa dello scontro sociale e della rivoluzione permanente, in nome della lotta contro l'ingiustizia e la disumanità.
"Abbiamo solo cercato di risvegliare l'attenzione su una serie di cose che ci sembravano sbagliate. Quelle cose sbagliate esistono ancora e i Clash no. Questo che significa? Che abbiamo perso? Non lo so. Certamente, i Clash sono stati una voce forte. Se hanno cambiato la vita di una sola persona, hanno raggiunto il loro scopo."

lunedì 25 luglio 2011

Questa sera ho un vecchio amico per cena

Eccolo qui, Hannibal Lecter, lo psichiatra cannibale che guida la volenterosa recluta dell'FBI Claire Sterling, alias Jodie Foster, nella caccia al serial killer Buffalo Bill, così soprannominato per l'abitudine di rapire donne in sovrappeso per poterle scuoiare più facilmente.
Buffalo Bill, il cui vero nome è Jame Gumb, è un bisessuale che si crede transessuale, troppo disturbato mentalmente per poter beneficiare di un intervento chirurgico per cambiare sesso, e pertanto pervaso da una rabbia folle e primitiva che lo porta ad infierire selvaggiamente sulle sue vittime. Clarice intuisce la connessione tra una delle vittime e il suo assassino e, dopo averlo scovato, riuscirà ad ucciderlo, ma nel frattempo Hannibal Lecter fuggirà di prigione e farà perdere le sue tracce.
Il Silenzio degli Innocenti è un film che ha veramente segnato un'epoca, non solo per il record di aver vinto i 5 premi Oscar più importanti ( miglior film dell'anno, miglior regia, miglior attore, miglior attrice e sceneggiatura non originale ), ma anche per avere segnato indelebilmente l'immaginario collettivo.
La spietata crudeltà di Hannibal Lecter, quasi  un alter ego dello psichiatra direttore del Chesapeake State Hospital, sostenuta da un'intelligenza fuori dal normale e da una sincerità tanto limpida quanto  brutale, sembra dettare i ritmi e i tempi dell'azione, sovrastando nettamente la figura insicura e arrancante di una Jodie Foster tormentata dai propri fantasmi e traumi infantili. "Gli agnellini hanno smesso di gridare?" le chiederà beffardamente Lecter nel corso dell'ultima telefonata, tre anni dopo la morte di Buffalo Bill, interrompendo la festa della promozione della Sterling/Foster per preannunciare l'agognata vendetta contro il direttore dell'ospedale psichiatrico nel quale è stato a lungo detenuto.