sabato 27 aprile 2013

Equilibri(smi) istituzionali

Sulla (ri)elezione di Giorgio Napolitano è stato detto e scritto di tutto, dopo che nei giorni precedenti si è letteralmente visto di tutto, in Parlamento e fuori, quindi è arduo aggiungere qualcosa di non banale. Tra le analisi proposte per spiegare l'esito delle consultazioni due sono quelle che, a mio avviso, si avvicinano maggiormente alla verità. Divergenti, ma non necessariamente opposte:
a) l'incapacità dei dirigenti del Partito Democratico ha gettato il parlamento in un tale stato di prostrazione e caos che, pur di cavarsene in fretta con il minor danno possibile, la maggioranza dei nostri deputati è stata disposta a votare il primo candidato che fosse in grado di sbrogliare la matassa, purché non odorasse di sinistra. E il caso (?) ha voluto che il primo a offrirsi sia stato il Presidente ancora in carica, il quale pochi giorni prima aveva giurato che non si sarebbe mai ricandidato.
b) tutto il caos e lo sfacelo al quale abbiamo assistito noi cittadini, in uno stato di impotenza reso ancora più frustrante dall'umiliazione di non contare nulla, è stato in realtà voluto da qualcuno che, spinto da un cinismo estremo, da una disperazione estrema, o da entrambi, ha manovrato dentro e fuori il Pd per creare lo sconquasso più totale e mettere i dirigenti, in particolare Bersani, con le spalle al muro. Cioè: o votate la rielezione di Giorgio Napolitano o non ne uscirete vivi.
Da notare che, se questo secondo caso si rivelasse vero, la perfidia sarebbe veramente smisurata perché si tratterebbe di una manovra a tenaglia messa in atto per inchiodare le istituzioni repubblicane alla croce degli equilibri politici degli ultimi vent'anni, spingendosi fino al punto di fare a pezzi il Pd e con in più il "contentino", offerto alla sinistra, della cocente umiliazione di due ex democristiani di lungo corso quali Romano Prodi e Franco Marini. Molti ricorderanno, infatti, che fu un ministro del primo governo Prodi, Tiziano Treu, a introdurre nella legislazione italiana del lavoro la precarietà dei contratti a termine.
Altri hanno ricordato che, nel giugno del 1992, poco dopo la strage di Capaci, ebbe luogo un'analoga competizione per aggiudicarsi la presidenza della Camera dei Deputati, proprio tra Giorgio Napolitano e Stefano Rodotà: in quell'occasione, a spuntarla fu sempre Napolitano, che riuscì a battere il suo rivale grazie ai voti dei cattolici (la destra non era ancora stata sdoganata).
Vent'anni dopo quell'elezione qualcuno, all'interno del Pd, ha temuto che l'elezione di Rodotà a Presidente della Repubblica avrebbe rimesso fatalmente in discussione gli equilibri istituzionali del passato ventennio e ha pensato che fosse meglio fare il possibile, e l'impossibile, per far girare ancora una volta la ruota nel verso desiderato, sfruttando l'incapacità e la vigliaccheria di buona parte del gruppo dirigente del Pd.
A mio parere, quindi, la verità sta in mezzo alle due ipotesi sopra prospettate.
Il colpevole, come in ogni giallo che si rispetti, sembra essere il personaggio fornito di un alibi a prova di bomba. Quello che in teoria non avrebbe mai potuto commettere il delitto perché troppo lontano dalla scena del crimine. Non è difficile da individuare. Berlusconi lo ha accolto a braccia aperte al rientro dalla Cina.

venerdì 12 aprile 2013

Larry Flint - Oltre lo scandalo

Quando ho visto questo film devo confessare di essere rimasto perplesso dal finale nel quale, dopo una lunga serie di vicissitudini, anche tragiche, del re del porno Larry Flint, i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti attribuiscono ai contenuti pornografici delle sue riviste la stessa dignità della satira di costume, ponendoli addirittura sotto la tutela del Primo Emendamento.
Alcune vicende recenti mi hanno fatto cambiare idea e convinto che esiste una libertà imprescindibile legata al consumo di materiale pornografico (legale) e che questa libertà va tutelata perché, in corrispondenza con la sempre più diffusa disponibilità di filmati porno su internet, è andata crescendo una pseudo-lobby i cui componenti, pur non essendo necessariamente moralisti o bigotti, appaiono decisi a esasperare il significato e la portata di detto materiale pornografico, al fine di mettere all'indice i suoi fruitori e guadagnarsi  con facilità una patente di integrità morale che altrimenti non saprebbero come conseguire.
Il film Oltre lo Scandalo copre trentacinque anni di vita di Larry Flint, dagli inizi nel natio Kentucky dove, già all'età di dieci anni, si arrabatta in una distilleria clandestina, fino alla scelta, una volta diventato adulto, di aprire una serie di bar la cui principale attrattiva consiste nel proporre ragazze seminude che ballano per i clienti. Siamo negli anni sessanta e l'idea è talmente innovativa che i bar ottengono un grande successo di pubblico, tanto che il proprietario pensa di pubblicare una rivista per pubblicizzarne l'attività. La rivista si chiama "Hustler" e raggiunge subito una straordinaria diffusione, sopratutto perché contiene immagini e storie molto più spinte delle altre due riviste erotiche in voga a quell'epoca, cioè "Penthouse" e "Playboy". Anche troppo spinte, a dire il vero: le strisce a fumetti rappresentano spesso schifezze tipo stupri di gruppo, aborti clandestini, incesti e scene di razzismo. Uno dei protagonisti delle strisce è Chester the Molester, una sorta di molestatore-pedofilo che tenta ripetutamente di costringere con l'inganno delle donne, e più spesso delle ragazzine, a fare sesso con lui.
Flint si difende dalle critiche delle femministe sostenendo che si tratta di una sorta di satira sociale, anche se molto licenziosa, ma i fumetti sono decisamente scioccanti, nonostante il fatto che gli anni settanta siano un periodo di grande libertà sessuale. Pertanto la fama porta a Flint, assieme al denaro, l'ostilità dei movimenti anti-pornografia, dalle cui accuse egli si difende sfoderando affermazioni di semplice buon senso del tipo: "l'omicidio è illegale, ma se ne riprendete uno avrete buone possibilità di vedere il vostro nome comparire su qualche rivista o magari vincere il Premio Pulitzer; il sesso invece è legale, ma se lo riprendi finisci in carcere."
Il buon senso non gli evita di essere trascinato più volte in tribunale. Viene sempre assolto dalle accuse dei suoi avversari fino a quando, nel 1975, un giudice non lo condanna per "spaccio di oscenità". Riesce a sfuggire alla prigione grazie a un appiglio formale, ma dopo di allora si avvicina alla religione, non si sa quanto spontaneamente, grazie alla frequentazione della sorella del Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter.
Nel 1978 ha luogo l'evento più tragico della sua vita: all'uscita da un tribunale nel quale si sta dibattendo l'ennesima causa per oscenità, l'editore di "Hustler" viene colpito più volte da un cecchino appostato sul tetto di un edificio. Flint sopravvive all'attentato, ma rimane paralizzato dalla vita in giù e costretto per sempre su una sedia a rotelle. Si allontana definitivamente dalla religione e si sposta a Beverly Hills dove, assieme alla moglie Althea, un'ex ballerina di un suo locale, sprofonda in una spirale depressiva acuita dall'abuso di medicinali anti-dolorifici e di droghe come la morfina.
Il 1983 sembra essere l'anno del riscatto: si sottopone ad un'operazione per devitalizzare alcuni nervi che gli provocano dolore e ritorna a presiedere le pubblicazioni della sua rivista. La decisione di pubblicare una vignetta satirica basata su una pubblicità del Campari, accompagnata da una finta intervista al predicatore religioso Jerry Falwell, nel quale quest'ultimo confessa di aver fatto sesso per la prima volta in vita sua con la madre dopo che entrambi si erano ubriacati di Campari, gli costerà una denuncia per diffamazione.
Condannato in primo grado, Flint decide di ricorrere alla Corte Suprema, la quale nel 1988 delibera che non esiste nessuna diffamazione perché è evidente che l'intervista è falsa e quindi il suo contenuto va interpretato, alla luce del Primo Emendamento, come libertà di satira.
Il film si chiude dopo la sentenza della Corte Suprema, con Flint seduto nel soggiorno di casa sua che guarda alcuni filmati della moglie Althea, suicidatasi nella vasca da bagno dopo avere scoperto di aver contratto l'AIDS. E' l'amara conclusione di una vita nella quale la sessualità ha spesso giocato un ruolo distruttivo delle esistenze personali e dei rapporti sociali. Le controversie sulla pornografia della rivista "Hustler" sono legate ai contenuti degradanti e spesso violenti delle strisce a fumetti, tanto più che alla fine degli anni ottanta il disegnatore del personaggio Chester the Molester, Dwaine Tinsley, viene condannato a sei anni di carcere dietro l'accusa di avere abusato ripetutamente della figlia tredicenne e averla costretta a prendere delle medicine per non rimanere incinta. Liberato dopo ventitrè mesi di prigione perché le motivazioni della sentenza erano basate sulle vignette che aveva disegnato per "Hustler", secondo i suoi sostenitori, oppure per un appiglio formale, secondo i suoi detrattori, Tinsley è morto di infarto nel 2001, all'età di cinquantacinque anni.
Rimane oggetto di discussione quanta responsabilità lui e Flint abbiano avuto nel promuovere, attraverso "Hustler", l'arretramento della condizione femminile nella società americana, in particolare per quanto riguarda il fenomeno vertiginosamente in aumento, almeno secondo quanto denunciano gruppi di femministe, degli stupri e delle molestie sessuali. Così come rimane da chiarire se certi comportamenti degenerativi siano causati dall'impatto di schifezze pornografiche sulle menti di uomini (e donne) psichicamente più fragili di quanto non appaiano oppure se siano ispirati da considerazioni di altro genere.

martedì 2 aprile 2013

Stuprata due volte: il caso di A.M.

Il 31 marzo del 2007 A.M., che all'epoca era una ragazzina di 15 anni, partecipa assieme a  un'amica a una festa di compleanno a Montalto di Castro, un paese di circa 9.000 abitanti situato in provincia di Viterbo, nella Maremma laziale.
A.M. è carina, cura molto il suo aspetto e quel giorno indossa una minigonna che la rende ancora più attraente, un particolare che verrà spesso riproposto da tutti coloro che, in seguito, tenteranno di far passare lei, cioè la vittima, per una poco di buono e una "provocatrice".
Nel corso della festa un ragazzo appena conosciuto le chiede di accompagnarlo fuori per fumare una sigaretta, un pretesto grazie al quale invece la trascina in una pineta dove lo aspettano sette amici, suoi coetanei che violentano a turno la ragazzina per tre ore. A.M. è di Tarquinia, ma frequenta il liceo socio-pedagogico di Viterbo. Dopo pochi giorni scoppia a piangere in classe, durante la lezione. I professori la accompagnano dal Preside dell'istituto al quale lei confessa la violenza subita. In seguito ribadisce il racconto dell'accaduto alla polizia di Viterbo e infine alla madre, di nome Agata, alla quale aveva taciuto tutto per timore di darle un dispiacere.
La sua migliore amica conferma che, quella sera, alla festa, non avendo più visto A.M. per oltre due ore si era preoccupata e l'aveva cercata all'esterno del locale, dove aveva riconosciuto gli otto ragazzi che si allontanavano in gruppo dalla pineta. Ma la stessa amica, in seguito, ritratterà la dichiarazione e le volterà le spalle, arrivando a far finta di non conoscerla quando la incontra per strada.
La notizia dell'accaduto, infatti, ha scatenato il finimondo, ma non nel senso che uno si aspetterebbe. Tutto il paese di Montalto di Castro si schiera con i ragazzi mentre sulla vittima fioriscono solo illazioni e aneddoti da caserma: "colpa sua", "lei di certo non è seria", "ma se l'aveva già fatto con altri quattro..." etc... Vittorio Bricca, pensionato settantenne seduto placidamente su una panchina nella piazza principale del paese dichiara: "Avessi avuto diciassette anni, mi sarei messo in fila e anch’io sarei andato con quella". Le mamme degli stupratori si schierano dalla parte dei loro figli, dalle loro bocche non esce neppure una parola di commiserazione per A.M. che nel frattempo, schiacciata dal dolore e dalla vergogna, si chiude in casa e sprofonda nella depressione. Quando esce non si trucca e non indossa più minigonne, ma soltanto jeans e maglie castigate anche perché sa che i ragazzi la accusano di averli provocati. Abbandona la scuola, dimagrisce e passa il tempo leggendo romanzi Harmony "perché hanno un lieto fine".
Gli otto ragazzotti invece ricevono attestati di solidarietà a non finire: "No davvero, avranno pure sbagliato ma mica si possono rovinare la vita... una sera j’è capitata ’sta cosa...". Il sindaco di Montalto di Castro, Salvatore Carai, Ds all'epoca dei fatti e ora nel Partito Democratico, convince la giunta comunale a stanziare 40.000 euro in favore degli otto ragazzi per aiutarli a sostenere le spese legali. La cifra poi si riduce a 20.000 perché quattro degli otto rifiutano il sostegno economico del  comune: si tratta comunque di soldi pubblici, dei contribuenti, il cui utilizzo è inquinato dal sospetto che il sindaco sia lo zio di uno degli aggressori, la cui madre di cognome fa, per l'appunto, Carai.
Ai ragazzi viene offerto di tutto, lavoro, solidarietà e sostegno economico, alla vittima nulla: il sindaco arriva a dichiarare in pubblico che "solo i romeni possono stuprare" e siccome i ragazzi sono italiani, sono innocenti per forza. La vicenda poco alla volta assume rilevanza nazionale e i vertici dei Ds si sentono finalmente in dovere di intervenire: Piero Fassino invita Salvatore Carai a non candidarsi al congresso fondativo del nuovo partito, ma lui non molla e resta al suo posto, forte del sostegno dei suoi concittadini, ed oggi, finito il mandato da sindaco, siede fieramente nel consiglio provinciale, nel gruppo del Partito Democratico. In difesa di A.M. si muovono anche le donne del partito, principalmente Anna Finocchiaro, che viene subito bollata da Carai come "talebana del c.".
L'Udi (Unione Donne Italiane) chiede le dimissioni del sindaco e alcune donne del Pd di Lecco, nel novembre del 2010, inviano una lettera a Pierluigi Bersani chiedendogli di espellere Carai dal partito.

Salvatore Carai, ex sindaco Pd di Montalto di Castro
La persona che in assoluto sarà più vicina ad A.M. è Daniela Bizzarri, consigliera alle pari opportunità della provincia di Viterbo, che assiste la ragazza nel lungo e doloroso processo di superamento della violenza subita. Un percorso che assomiglia a un calvario perché la ragazza subisce un'umiliazione dietro l'altra. La sua vita ormai è in frantumi, si trasferisce a Roma, ma continua a sentirsi sola senza i suoi familiari accanto. Così ritorna e, dietro invito del preside della sua vecchia scuola, prova a riprendere a studiare, senza riuscirci. A questo punto smette definitivamente e cerca un lavoro "per non pesare sul bilancio di casa”.
Nel novembre del 2009 arriva l'ennesima mazzata: il tribunale dei minori di Roma sospende il processo ai violentatori per affidarli in custodia ai servizi sociali del comune di Montalto di Castro. Un periodo di 24 mesi al termine del quale, se non ci saranno rilievi negativi da parte delle assistenti sociali del comune, il reato potrà considerarsi estinto e i ragazzi ufficialmente riabilitati. L'unica soddisfazione riservata ad A.M. è che gli otto ragazzi, per poter ottenere l'affido, hanno dovuto confessare il reato: pertanto è stato messo a verbale che il rapporto avuto con la ragazza quindicenne nella pineta non è stato consenziente, contrariamente a quanto loro avevano voluto far credere, con l'appoggio dei loro compaesani.
Però l'amarezza è grande:“Vogliono continuare a rovinarmi la vita? Io non avevo neanche capito, l’altro giorno: credevo che la messa in prova fosse finita, non che dovesse ancora cominciare. Invece quest’inferno va avanti, e durerà ancora a lungo. Sono stravolta, distrutta. Ogni volta che c’è il processo sto peggio: non mangio, non dormo e quando m’addormento ho gli incubi. Non voglio più andare neanche dallo psicologo, a cosa serve ripetere sempre le stesse cose?”.
A.M. schiuma dalla rabbia:“Non credo nel loro pentimento. Non mi sono arrivate né lettere né parole di scuse, niente. Hanno anche cercato di spingere un ragazzo a dire che ero consenziente. Mi chiedo a cosa possa servire metterli alla prova adesso, dopo così tanto tempo. Per me quest’attesa è un logorio quotidiano, non so come farò ad aspettare tanto”.
Nel 2012, però, uno degli otto aggressori finisce nuovamente sotto processo per stalking, così la Cassazione annulla la decisione del Tribunale dei minori e costringe i giudici a riprendere il processo. Il pubblico ministero, al termine della requisitoria, chiede che vengano condannati tutti a quattro anni di reclusione, ma la sentenza definitiva emessa lo scorso 26 marzo, dopo 6 anni dallo stupro, pur giudicando colpevoli gli imputati non li condanna neppure a scontare un giorno di carcere, preferendo affidarli a un programma di recupero, al termine del quale il reato sarà definitivamente estinto e non lascerà quindi alcuna traccia nella vita degli otto giovani.
Ad A.M, invece, resterà solo la soddisfazione di intentare una causa civile per danni agli otto aggressori, che comunque sono stati riconosciuti colpevoli. Sempre ammesso che riesca a trovare il coraggio per sfidare ancora una volta in un'aula di tribunale gli sguardi di scherno e i sorrisi beffardi di coloro che hanno potuto abusare di lei e della sua ingenuità, e sono riusciti a farla franca. Ingiustizia è fatta, ancora una volta nei confronti di una donna.