giovedì 26 maggio 2011

Lomellina in Giallo

Questo fine settimana, a partire dall'inaugurazione di venerdì sera alle 19.30, si terrà a Pieve del Cairo, in provincia di Pavia, la rassegna del giallo e del noir Lomellina in Giallo. All'interno del castello di Pieve del Cairo avranno luogo incontri, presentazioni e conferenze. Ci sarà spazio anche per gli stand della piccola editoria che potranno esporre i loro prodotti sotto i portici del centro storico.
Sabato pomeriggio alle 18.30 è previsto un aperitivo con l'autore, che nella fattispecie sarei io, invitato dall'organizzazione del festival a presentare il mio romanzo, Il Contrabbandiere.
Si chiude domenica sera con la Cena con Delitto a base di risotti e piatti tipici.
Vi aspetto numerosi a Pieve del Cairo!

venerdì 20 maggio 2011

Sul confine orientale

Domani, sabato 21 maggio, alle 17.30, presenterò il mio romanzo alla libreria Borsatti di Trieste, in via Ponchielli 3. E' un'occasione che per me ha un significato particolare perché Il Contrabbandiere, nonostante sia ambientato sulla riviera romagnola, è largamente ispirato alla vicende del cosiddetto fascismo di confine, che si sviluppò nella Venezia Giulia subito dopo la Prima Guerra Mondiale e che fu l'espressione più virulenta e fanatica del movimento fascista.
Il fascismo di confine, infatti, si poneva come estremo baluardo dell'italianità minacciata dalla presenza degli  slavi, accorsi in massa prima della guerra nella regione per lavorare nelle attività che si erano sviluppate attorno al porto di Trieste.
L'odio verso gli sloveni raggiunse il suo culmine con il rogo dell'Hotel Balkan, il 13 luglio del 1920. Il Narodmi Dom, che in sloveno significa Casa del Popolo, era la sede dell'organizzazione degli sloveni triestini. Il 13 luglio, nel corso di una manifestazione nazionalista nel centro della città, venne accoltellato un ragazzo di Fiume che lavorava come cuoco in un albergo. La responsabilità dell'accaduto fu immediatamente attribuita ad un gruppo di sloveni. Le squadre di azione fascista, capitanate da Francesco Giunta, si diressero verso l'Hotel Balkan e vi appiccarono il fuoco usando delle latte di benzina portate per l'occasione, a prova del fatto che l'aggressione era stata premeditata.
Nel rogo perì il custode dell'edificio che per cercare di salvarsi si gettò da una finestra assieme alla figlia, rimasta gravemente ferita in seguito alla caduta. L'incidente segnò l'inizio di una durissima campagna persecutoria che, sotto il regime fascista, si tramutò  nel tentativo di "snazionalizzare" le popolazioni di lingua slava presenti sul territorio italiano, rimuovendo il personale sloveno e croato dalla pubblica amministrazione, vietando l'insegnamento delle lingue slave nella scuola e italianizzando i cognomi delle persone e i nomi delle località. In seguito al concordato fra Stato Italiano e Chiesa Cattolica anche il clero subirà lo stesso processo, con l'allontamento dei vescovi di Gorizia e di Trieste, difensori del diritto delle comunità slovene e croate di celebrare i sacramenti nella loro lingua materna.
La persecuzione, rendendo valida l'equazione italiano=fascista, finì per spingere la maggioranza della popolazione slava a simpatizzare con il nascente movimento comunista guidato da Tito e ad entrare nelle file della Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale.
La vicenda era talmente affascinante che non ho resistito alla tentazione di scriverci su un romanzo, anche se, non conoscendo la città di Trieste, sono stato costretto ad ambientarlo in Romagna, territorio con cui ho più dimestichezza, viste le origini.

venerdì 6 maggio 2011

Il Mammut della storia

Nell'introduzione l'autore dice di avere iniziato a scrivere il libro nel novembre 1986, quando, a dire il vero, la classe operaia era ancora viva e vegeta, ripiegata sì sotto il peso delle sconfitte degli anni ottanta (la marcia dei quarantamila alla Fiat e la sconfitta nel referendum sulla cassa integrazione), ma in un contesto economico e sociale segnato da una relativa stabilità, nel quale le conquiste sindacali degli anni precedenti non erano state ancora smantellate.
Poi, però, è riuscito a farlo pubblicare solo nel 1994, quando, dopo la smobilitazione dei regimi comunisti dell'Europa dell'Est, la classe operaia era ormai sul punto di venire ingoiata dalla riorganizzazione economico organizzativa del nostro sistema industriale.
Il Mammut è, per l'appunto, il simbolo di questa classe ormai estinta. Estinta non tanto numericamente, e forse neppure nella capacità combattiva, quanto sul piano della propria coscienza di classe, cioè della consapevolezza di rappresentare qualcosa di speciale e di unico rispetto al resto della società.
Tutto ciò viene descritto molte bene nelle pagine di questo romanzo che racconta le vicende delle lotte operaie alla Fulgorcavi di Borgo Piave, in provincia di Latina, azienda presso la quale l'autore ha lavorato per trent'anni e nella quale si è impegnato a lungo, dentro, fuori e contro il sindacato.
E' una grande saga fatta di scontri, amori, amicizie, speranze e ideali che al giorno d'oggi sembrano folli, ma che in certi anni sono state il pane quotidiano di un'intera generazione. Altri scrittori, in passato, ne hanno parlato con toni decisamente più crudi ed eversivi di quelli utilizzati da Pennacchi (il primo che mi viene in mente ora è Nanni Balestrini).
La forza dello scrittore di Latina, però, è proprio quella di proporre una versione "per famiglie" della conflittualità operaia: ci sono gli scioperi improvvisati, a gatto selvaggio, con i conseguenti cortei interni, ma senza parlare dei capireparto fatti oggetto del lancio di bulloni da parte degli scioperanti; ci sono gli operai che lavorano senza garanzie e senza protezioni, ma che alla fine riescono sempre a cavarsela con qualche graffio e poco altro; ci sono i blocchi stradali e gli scontri di piazza che finiscono a scazzottate dal sapore western e via di questo passo.
Molta saggezza e poca rabbia, come riconosce anche Pennacchi nell'introduzione. La fabbrica è una grande famiglia e un'insostituibile palestra di vita: si lavora, si lotta, si scherza, si ride, si studia, si fa sesso (anche tra uomini). Mammut è lotta di classe ricoperta da un velo di buonismo veltroniano, un resoconto intriso di nostalgia e di rimpianto degli anni ruggenti e del tempo che fu. Un'opera letteraria che appassiona, diverte e commuove.