venerdì 22 febbraio 2013

La Deutsche Bank e lo sterminio degli ebrei \5

Hermann Josef Abs
Hermann Josef Abs era l'amministratore delegato di Deutsche Bank incaricato di seguire il processo di "arianizzazione". Elegante e diplomatico, proveniente da una famiglia rigidamente cattolica di Bonn, Abs entrò nel consiglio della banca nel 1937 e vi rimase fino al termine della guerra. Nel 1957 ne divenne direttore, carica che mantenne fino al 1967, quando fu nominato Presidente Onorario. 
Subito dopo il suo ingresso nell'istituto si occupò personalmente dell'acquisizione di una grande banca berlinese, la Mendelssohn, e di altre transazioni riguardanti importanti aziende manifatturiere.
Hermann Abs ricavò dalle transazioni cospicui vantaggi sia per sé che per i propri familiari: nel caso del complesso minerario di proprietà della famiglia Petscheck, che si estendeva anche in Boemia, riuscì ad ottenere per il padre, che già deteneva il 12% delle azioni, la quota azionaria del 50%, rilevando le azioni a un prezzo più basso di quello di mercato.
Tra le tante cariche ricoperte, Abs sedeva anche nel consiglio dei supervisori della IG Farben, azienda della quale la Deutsche Bank deteneva il 38% delle quote azionarie, per un capitale complessivo di 1,5 miliardi di euro attuali. La IG Farben era la più importante industria chimica tedesca: formatasi negli anni venti da un agglomerato di aziende chimiche che operavano in stretta collaborazione tra di loro, negli anni trenta era un colosso del settore e poteva vantare importanti joint-venture con multinazionali americane quali la Standard Oil di John Rockfeller. La politica autarchica ne favorì ulteriormente lo sviluppo poiché il regime nazista cercò di compensare il calo delle importazioni di materie prime da oltreoceano promuovendo la produzione di surrogati sintetici delle stesse.
Nel marzo del 1941, quando era ormai chiaro che la guerra sarebbe durata molto più a lungo del previsto, il regime decise di riorganizzare l'economia restringendo il ruolo del settore pubblico e puntando a  potenziare il settore privato: l'obiettivo era creare un'economia fondata su grandi imprese private, la cui produzione fosse pianificata dallo Stato. Il primo passo in questa direzione fu fondare un'azienda petrolifera che gestisse le risorse del sottosuolo nei territori appena occupati dell'Europa dell'Est e che si impegnasse a commercializzare il carburante prodotto. L'azienda si chiamò Kontinentale Öl e i dirigenti di Deutsche Bank e di IG Farben ebbero un'influenza fondamentale nello sceglierne gli organi dirigenti. La Kontinentale Öl fece abbondante uso di manodopera forzata perché le funzioni da essa svolte (estrazione di greggio, costruzione di oleodotti etc...) erano considerate vitali nel rimettere in moto l'economia tedesca, dopo anni nei quali il ruolo centrale nel sistema produttivo era toccato alla ReichsWerke Hermann Göring, un conglomerato industriale di proprietà pubblica che aveva realizzato una serie imponente di infrastrutture quali porti, ponti, strade, autostrade, ferrovie, stazioni e fortificazioni militari.

Oro confiscato ai deportati
Ora però era giunto il momento di incrementare la produzione per far fronte al prolungato sforzo bellico e le imprese private, attraverso un sistema di quote imposto dallo Stato, furono stimolate ad utilizzare gli impianti al massimo delle loro possibilità.
Il problema era che gran parte della manodopera maschile di origine tedesca in quel momento si trovava al fronte, pertanto l'unica soluzione per aumentare la produzione fu quella di utilizzare gli internati nei campi di concentramento. 
Le SS, che gestivano il sistema dei campi, si occuparono di procurare la manodopera forzata alle singole imprese, le quali pagavano per questo servizio versando un affitto giornaliero per ogni lavoratore impiegato, il quale non percepiva alcuno stipendio per la sua opera. Nei rari casi in cui il lavoratore percepiva qualche forma di salario, questo veniva confiscato dalle SS che attraverso le requisizioni e le ruberie effettuate in tempo di guerra costruirono un vero e proprio impero economico.
Le banche a loro volta incoraggiarono l'utilizzo di schiavi nei luoghi di lavoro perché erano ansiose di recuperare gli ingenti prestiti fatti negli anni precedenti alle aziende per aiutarle a ingrandirsi e a ristrutturarsi, magari acquisendo impianti espropriati a proprietari di origine ebraica. Gli istituti di credito detenevano partecipazioni azionarie delle imprese che finanziavano e visto che, a causa della guerra, i consumi erano sensibilmente calati, l'unica speranza per rilanciare l'economia privata e riprendere a fare profitti era costituita dall'incremento delle spese militari. Rappresentanti delle banche erano presenti nei consigli di amministrazione e di supervisione delle principali imprese: Hermann Abs, per fare un esempio, sedeva nei consigli di ben quaranta aziende tra le quali, oltre a IG Farben, figuravano Siemens, Volkswagen, Degussa, Krupp, Daimler-Benz, Allianz e BMW. 
File di cadaveri trovati all'apertura di un lager
L'avviamento è sempre un'operazione complessa che richiede molto denaro e molti sforzi. L'utilizzo di manodopera gratuita agevolò notevolmente il ricollocamento sul mercato delle aziende appena ristrutturate e minimizzò i rischi relativi all'avviamento d'impresa. Così, l'interesse economico di banchieri e imprenditori si incontrò con la volontà politica di Hitler di sterminare il maggior numero di lavoratori possibile, che si trattasse di ebrei, zingari, oppositori politici oppure prigionieri di guerra. 
I manager delle aziende venivano invitati a recarsi personalmente nei lager per scegliere il personale da impiegare. Questo, una volta selezionato, veniva fatto lavorare in condizioni disumane, al freddo, con poco cibo e orari estenuanti, in modo da spremerne il massimo rendimento possibile. Quando il lavoratore, ormai stremato e incapace di svolgere qualsiasi funzione utile al processo produttivo, si accasciava a terra in mezzo alle linee di produzione, veniva letteralmente raccolto dalle SS e trasportato verso le camere a gas per la definitiva eliminazione.
In totale furono oltre dodici milioni gli individui eliminati all'interno del circuito campo di concentramento - fabbrica - camera a gas: oltre ai sei milioni di ebrei, al mezzo milione di rom e al milione e mezzo di oppositori politici di varia estrazione, ci furono circa tre milioni di prigionieri di guerra sovietici e altri due milioni di civili rastrellati in gran parte nei territori conquistati dell'Europa dell'Est, i cosiddetti "OstArbeitern".
Il processo di Norimberga contro i vertici della IG Farben provò che Hermann Abs era presente alle riunioni del consiglio dei supervisori quando questo, in due occasioni distinte, il 2 luglio del 1941 e il 30 maggio del 1942, votò all'unanimità un'ordine del giorno che ingiungeva ai manager della compagnia di fare tutti gli sforzi possibili per ottenere lavoratori stranieri e prigionieri di guerra da impiegare nel complesso in costruzione presso il campo di Auschwitz.

Adolescenti internati in un campo
Nel febbraio del 1999, in seguito alle pressioni del Congresso Mondiale Ebraico, alcuni storici trovarono negli archivi della Deutsche Bank la prova che la banca aveva finanziato la costruzione del campo di sterminio: gli archivisti, infatti, trovarono una descrizione dettagliata di un mutuo erogato alle imprese che edificarono le strutture destinate a ospitare la polizia di sicurezza del campo, le "Waffen-SS Auschwitz,". Dall'archivio della banca saltarono fuori anche le pratiche di altri mutui erogati ad imprese che costruirono i loro impianti adiacenti al campo di Auschwitz, per poter sfruttare il lavoro degli internati. I dirigenti della IG Farben erano talmente entusiasti della prospettiva di utilizzare manodopera gratuita che vollero costruire un loro campo ad alcuni chilometri da quello principale, a Monowitz, a fianco dello stabilimento per la produzione di gomma sintetica e la Deutsche Bank finanziò l'iniziativa.
L'aspettativa di vita di coloro che lavoravano nell'impianto di Monowitz non superava i tre o quattro mesi, perché i turni di lavoro erano massacranti e i lavoratori costantemente denutriti. Nelle miniere vicino al campo le cose andavano persino peggio perché l'aspettativa di vita era solo di un mese. Quando gli internati non erano più giudicati abili al lavoro venivano "spediti a Birkenau", come si legge sui registri dell'azienda, e passati nelle camere a gas. (continua)


CategoriaNumero di vittimeFonte
Ebrei5,9 milioni Dawidowicz, LucyThe War Against the Jews, Bantam, 1986,
Prigionieri di guerra sovietici2–3 milioniBerenbaum, Michael. The World Must Know,
United States Holocaust Memorial Museum, 2006
Polacchi non Ebrei1,8–2 milioniPoles: Victims of the Nazi Era
Rom e Sinti220.000-500.000 "Sinti and Roma"
Disabili e Pentecostali200.000–250.000 Deaf People in Hitler's Europe
Massoni80.000–200.000Hodapp, Christopher, Freemasons for Dummies, For Dummies, 2005
Omosessuali5.000–15.000The Holocaust Chronicle, Publications International Ltd., p. 108
Testimoni di Geova2.500–5.000Shulman, William L., A State of Terror: Germany 1933–1939, Bayside, New York, Holocaust Resource Center and Archives.
Dissidenti politici1-1,5 milioni
Slavi1-2,5 milioniDawidowicz, LucyThe War Against the Jews, Bantam, 1986,
Totale12,25 - 17,37 milioni

martedì 5 febbraio 2013

La Deutsche Bank e lo sterminio degli ebrei \4

L'arrivo dei nazisti a Vienna
Con l'espansione militare del Terzo reich aumentarono le possibilità per le due maggiori banche tedesche di concludere buoni affari. Nonostante le iniziali resistenze da parte austriaca, nel 1942 fu concesso alla Deutsche Bank di acquistare la quota di maggioranza nella più grande banca del paese, la Creditanstalt, dopo aver detenuto per oltre tre anni quote di minoranza. Nel caso della Cecoslovacchia il governo tedesco insistette fin dall'inizio perché la Deutsche Bank e la Dresdner Bank rilevassero gli istituti di credito del paese, in particolare quelli con la clientela di lingua tedesca.

Le banche dovevano essere le messaggere del Nuovo Ordine Tedesco: un funzionario della Deutsche Bank si recò a Praga due giorni prima dell'invasione per negoziare il futuro bancario della Cecoslovacchia. In questo modo, l'istituto fu in grado di gestire "l'arianizzazione" dei paesi occupati, guadagnando la fiducia e la cooperazione degli industriali tedeschi, avidi di investimenti a buon mercato nell'Europa dell'Est.

La Creditanstalt era la più famosa banca di investimenti austriaca, con partecipazioni azionarie in molte aziende del settore siderurgico. Fondata nel 1855 dai Rotschild, acquisì risonanza internazionale nel 1931, quando il suo fallimento provocò una crisi bancaria e finanziaria in tutta l'Europa centrale, con ripercussioni anche in Germania. La banca, oltre a possedere quote delle principali aziende austriache, aveva una fitta ragnatela di contatti negli ex territori dell'Impero Asburgico, in Ungheria e nei Balcani. Per la banca berlinese, l'acquisizione della Creditanstalt sarebbe stato l'inizio di un percorso di espansione nelle aree d'Europa soggette alla pressione politica ed economica tedesca.

Subito dopo l'acquisto, le maggiori partecipazioni industriali della banca vennero vendute all'azienda pubblica Reichwerke "Hermann Goring", che acquisì così industrie strategiche nel settore della carta, delle costruzioni, della siderurgia, degli armamenti e del commercio.
La riorganizzazione della vita economica austriaca fu veloce e brutale: venne istituita una "tassa di arianizzazione" per costringere gli ebrei a vendere le loro imprese, ma i proprietari non ricevettero quasi alcun compenso. In totale, furono più le attività costrette a chiudere di quelle rilevate: su un totale di 13.046 imprese artigiane, di cui 12.550 solo a Vienna, 11.357 chiusero i battenti mentre 1.689 vennero "arianizzate". Le imprese commerciali, invece, erano 10.992 (7.900 a Vienna): 9.112 furono chiuse e 1.870 trasferite a proprietari "ariani".

La Creditanstalt svolse un ruolo significativo in questo processo: inventariò tutti i beni posseduti da cittadini ebrei depositati nei propri conti correnti e nelle cassette di sicurezza, erogò prestiti agevolati alle aziende "arianizzate" e intervenne per confiscare le quote azionarie in mano ad ebrei e trasferirle in mani più "pure", cioè di religione cristiana. Prima della vendita veniva nominato dallo Stato una sorta di curatore fallimentare incaricato di esprimere una valutazione generale che tenesse conto dell'inventario dei beni e dei costi necessari all'avvio dell'attività: di solito una delle motivazioni addotte per far abbassare il prezzo d'acquisto era "che un'azienda non-ariana non avrebbe potuto prendere parte alla ripresa economica" e quindi andava svenduta.

In seguito all'invasione della Cecoslovacchia il governo nazista intraprese una riorganizzazione complessiva dei rapporti di proprietà al fine di integrare la regione della Boemia-Moravia all'interno dell'economia bellica tedesca. Dopo l'annessione dei Sudeti, Deutsche Bank rilevò le filiali della Bohmische Union-Bank (BUB), una banca con una clientela prevalentemente di lingua tedesca che possedeva partecipazioni azionarie in molte grosse aziende della regione. Il problema era che la BUB era considerata una banca "ebraica" da parte delle autorità naziste, sia per la composizione degli azionisti che per la quota di ebrei presenti tra i dipendenti.

L'ingresso del campo di Theresienstadt
Il nuovo manager nominato dalla Deutsche Bank, Walther Pohle, era un protetto della Gestapo e come primo atto licenziò immediatamente tutti i dirigenti e i direttori di filiale ebrei. I 18 membri del consiglio dei supervisori si dimisero in blocco per protesta. Il direttore generale appena licenziato fu arrestato dalla polizia tedesca e morì in carcere, presumibilmente dopo essersi suicidato.
Il personale epurato fu rimpiazzato da funzionari della Deutsche Bank provenienti dalla Germania, così che Pohle potè annunciare trionfalmente al consiglio supremo delle SS "le dimissioni di tutti i membri non-ariani della banca".
Il 5 luglio 1939 finalmente il Ministero dell'Economia del Reich garantì alla BUB un "certificato di arianità" che le permise di iniziare ad operare.
Il nuovo management, nonostante il certificato di purezza razziale che avrebbe dovuto attestarne anche la moralità, fece subito figurare nel bilancio abbondanti perdite, in modo da poter richiedere e ottenere dei sussidi dallo Stato.
In effetti i profitti della banca andarono male durante i primi due-tre anni e cominciarono a crescere solo nel 1943: la principale fonte di guadagno derivò dalla partecipazione alla riorganizzazione dell'economia del Centro Europa.

Il 27 settembre 1941, il maggiore delle SS Reinhard Heydrich assunse il ruolo di "Reich protector in Boemia-Moravia". Il 24 novembre ebbe luogo la prima deportazione di ebrei verso il ghetto di Theresienstadt, un campo di transito vicino al confine con la Polonia nel quale le condizioni di vita degli internati erano abbastanza buone, ma non certo per ragioni umanitarie: il campo era stato creato da Adolf Eichmann con lo scopo di occultare la realtà dei campi di sterminio, ai quali venivano avviati i detenuti di Theresienstadt dopo un breve periodo di permanenza che serviva ad illuderli sulla loro sorte. Il 9 gennaio del 1942, infatti, iniziarono le deportazioni verso est, in particolare verso Auschwitz.

Le deportazioni avevano delle notevoli implicazioni finanziarie: alle banche come la BUB veniva fornita una lista numerata dei loro clienti, preparata dall'"Ufficio Centrale per la sistemazione della questione ebraica in  Boemia e Moravia". In  quelle liste, agli ebrei venivano assegnati dei numeri di registrazione particolari con lo scopo di identificarli. Le banche ricevevano istruzioni di non intraprendere alcuna azione sui loro conti correnti fino a quando una seconda cifra non veniva associata al nome: il numero segnalava l'avvenuta deportazione. A questo punto il conto corrente veniva svuotato e il suo contenuto trasferito in un fondo speciale, destinato ad accogliere i ricavi del processo di "arianizzazione".

Nel novembre del 1943 il totale del deposito delle vittime di Therensienstadt ammontava a circa 360 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti altri 400 milioni di euro appartenenti a ebrei "resettled" [uccisi].
L'Olocausto era divenuto la principale fonte di entrate della banca  boema. Verso la fine della guerra, quando Praga stava per essere liberata, i vertici della BUB trasferirono quasi tutti i beni e i titoli presenti sul fondo dei deportati in Germania. Questi beni furono inventariati nel 1957, quando la Deutsche Bank fu riorganizzata come un singolo istituto dopo essere stata temporaneamente divisa in tre tronconi dalle potenze vincitrici, ma non furono utilizzati per risarcire i vecchi proprietari dei conti sopravvissuti allo sterminio, bensì per pagare le pensioni ai dipendenti della banca.


La folla saluta l'arrivo di Hitler in Austria