martedì 10 luglio 2012

Let me please introduce myself \4

Gli stabilimenti delle aziende tedesche nella Germania occupata dall'Armata Rossa vennero confiscati e nazionalizzati. La divisione delle due Germanie contribuì al relativo indebolimento del potenziale produttivo tedesco e favorì il tentativo, da parte dei governi vincitori della guerra, di metterne sotto controllo politico la produzione industriale. Naturalmente, tale controllo era possibile solamente attraverso una coalizione che mettesse insieme tutti i paesi vincitori, a prescindere dal reale contenuto politico dei loro regimi. Era la cosiddetta "coalizione antifascista" la quale, per oltre quaranta anni, cercò di controbilanciare il potere del capitalismo industriale e finanziario che aveva sostenuto il Nazionalsocialismo facendo leva sul fatto che ora una grossa fetta delle materie prime necessarie alla produzione e allo sviluppo economico dell'Occidente proveniva da paesi nei quali era lo Stato, e quindi il Partito Comunista, a detenerne il controllo. Questo vale sia per l'Unione Sovietica che per la stragrande maggioranza dei paesi del Terzo Mondo che, nel giro di pochi anni, si scrolleranno di dosso il dominio delle potenze coloniali e diverranno indipendenti.
L'occupazione tedesca, però, non aveva favorito solo la concentrazione delle aziende nei settori chimico-farmaceutico e siderurgico, ma aveva anche promosso nei posti chiave della pubblica amministrazione dei paesi occupati uomini graditi al regime nazista. Molto spesso si trattava di persone non iscritte al partito, o comunque non impegnate in politica, ma con una visione del mondo strettamente affine a quella promossa dai gerarchi del Terzo Reich. In alcuni post precedenti ho fatto riferimento a Kare Kristiansen, che negli anni ottanta, dal 1983 al 1986 per la precisione, ricoprì la carica di Ministro del Petrolio in Norvegia. Kristiansen era un cristiano conservatore, affiliato alla Chiesa Luterana Norvegese, che iniziò la sua carriera lavorativa nelle Ferrovie di Stato giusto un paio di mesi dopo che le truppe tedesche avevano occupato il paese. Come lui, tanti altri hanno fatto ingresso nei settori chiave dei trasporti, dell'industria, delle banche e della pubblica amministrazione proprio negli anni in cui l'Europa era sotto il dominio nazista. Una volta terminata la guerra questi uomini sono rimasti ai loro posti, sfuggendo a qualsiasi tipo di epurazione e, lentamente, hanno salito tutta la scala gerarchica fino ad arrivare, negli anni ottanta del secolo scorso, ai vertici dei loro settori di appartenenza. Questi personaggi sono stati i grandi protagonisti della svolta antisindacale promossa da Reagan e dalla Thatcher negli anni ottanta e in seguito, una volta crollato il comunismo in Russia e negli altri paesi dell'Europa dell'Est, hanno preso in mano le redini della riorganizzazione dell'economia internazionale, con la decisa intenzione di punire i paesi che per oltre quarant'anni avevano tenuto in scacco l'Occidente cristiano.
Sono sicuro, ad esempio, che i funzionari della Banca per la Ricostruzione Internazionale che nel 1988 definirono i criteri degli accordi di Basilea furono gli stessi che, entrati da giovani nell'istituto, si erano adoperati assieme all'allora governatore della Banca d'Inghilterra, Norman Montagu, e al presidente della Banca Centrale tedesca, Hjialmar Schacht, per riciclare il denaro depredato agli ebrei e alle popolazioni civili dei paesi conquistati, trasferendo sui conti correnti della Reichsbank le riserve auree della Cecoslovacchia.
Gli accordi di Basilea, come è noto, stabilirono criteri più restrittivi riguardo ai requisiti patrimoniali delle banche che intendevano operare sui mercati internazionali, imponendo di accantonare almeno l'8 per cento del capitale prestato, non investibile in nessun altra attività di qualsiasi tipo, al fine di garantire "solidità e fiducia nel sistema creditizio".
Questa decisione costituì una sentenza di morte per quei paesi, come la ex-Jugoslavia, che negli anni della Guerra Fredda avevano fortemente beneficiato dei prestiti concessi con generosità dalle banche tedesche e italiane grazie al ruolo politico svolto dal proprio governo, ma che ora non avevano alcuna possibilità di diminuire la propria massa debitoria se non concorrendo, con una cruenta guerra civile, alla riorganizzazione su scala mondiale delle aziende produttrici di armi, nelle quali proprio in quegli anni il Fondo Petrolifero Norvegese investì in maniera massiccia. Tutte le banche che si erano impegnate, per motivi politici, a prestare denaro al paese balcanico furono costrette, per rispettare le nuove regole imposte dalla BIS, a far rientrare i capitali prestati, pena l'esclusione dai mercati internazionali. Così, visto che la Jugoslavia non possedeva materie prime e la sua economia non sarebbe mai stata in grado di produrre beni a sufficienza per restituire le somme avute a prestito, il ruolo che le fu assegnato dalla comunità d'affari internazionale, erede del Nazionalsocialismo, fu quello di fungere da agnello sacrificale per la costruzione della nuova Europa. (continua)

mercoledì 4 luglio 2012

Let me please introduce myself \3

Il processo ai dirigenti dell'IG Farben iniziò nel dicembre 1947, assieme a quello ai dirigenti dei gruppi Flick e Krupp, specializzati nei settori minerario, siderurgico e degli armamenti. Tutti furono accusati di avere perpetrato crimini contro l'umanità, contribuendo non solo alla preparazione delle guerre di aggressione di Hitler, ma anche allo sfruttamento del lavoro forzato di milioni di prigionieri, provenienti soprattutto dai paesi dell'Europa dell'est, e al saccheggio e alla spoliazione dei beni della popolazione civile, beni confluiti in larga misura nelle casseforti della Banca per i Regolamenti Internazionali di Basilea.
La Banca per i Regolamenti Internazionali (Bank of International Settlements, BIS) aveva sostituito la commissione creata dai paesi vincitori della Prima Guerra Mondiale per risolvere il problema delle riparazioni di guerra dovute dalla Germania secondo il trattato di Versailles. Nel 1932 Inghilterra e Francia si erano dette disposte a rinunciare alle riparazioni purché gli Stati Uniti cancellassero i pesantissimi debiti che esse avevano dovuto contrarre per portare avanti lo sforzo bellico. Il congresso degli Stati Uniti votò contro a questa proposta, spingendo di fatto l'Europa e il mondo verso la Seconda Guerra Mondiale, visto che a questo punto l'unica possibilità per le nazioni europee di onorare i loro impegni sarebbe stato dare vita a una nuova guerra mondiale che rilanciasse su grande scala l'economia americana stimolandone la produzione bellica e riempisse le casse ormai vuote delle banche con i beni depredati alle popolazioni civili durante il conflitto.

Così come era avvenuto al termine della Prima Guerra Mondiale, quando le necessità della ricostruzione furono sostenute dalle imprese nazionali produttrici di armi, le uniche a disporre di grande liquidità, la Seconda Guerra Mondiale ebbe l'effetto di trasferire una massiccia quantità di denaro oltreoceano, grazie anche al fatto che le filiali europee delle banche americane, come la National Chase e la J.P.Morgan, offrirono agli ufficiali della Gestapo la possibilità di aprire conti correnti sui quali trasferire il denaro prelevato ai correntisti di origine ebraica, ai quali le stesse banche rifiutarono la possibilità di ritirare i loro beni, persino prima che le autorità occupanti emanassero un decreto in tal senso.
Adolf Hitler capì al volo che l'inflessibile avidità del capitalismo internazionale gli avrebbe offerto l'opportunità per dare libero sfogo al suo odio verso gli ebrei, i comunisti, i francesi e il resto del mondo, compresi gli italiani e, pur consapevole di avere pochissime possibilità concrete di vincere la guerra, vista la sproporzione delle forze in campo, vi si gettò a capofitto trascinando la Germania e il popolo tedesco in un'impresa autodistruttiva, della quale gli unici a beneficiare furono i tre grandi gruppi industriali finiti sotto processo a Norimberga. IG Farben, Flick e Krupp, infatti, ebbero l'opportunità di assorbire le migliori industrie dei paesi occupati dalle truppe del Reich e di concentrare nelle loro mani gran parte della produzione industriale europea. Dopo la guerra, molti dei loro dirigenti, pur essendo stati condannati per crimini contro l'umanità, vennero rimessi in libertà quasi subito e tornarono ai loro posti di comando. Le industrie conservarono  intatte le proprietà acquisite negli anni precedenti grazie alle leggi razziali, che costrinsero molti ebrei a svendere le loro attività per quattro soldi.
Karl Wuster, dirigente della Degesch, la ditta che produceva il veleno usato nelle camere a gas, divenne capo esecutivo del gruppo BASF. Fritz ter Meer, dirigente della Bayer e della IG Farben, condannato a Norimberga per genocidio e sfruttamento degli internati del campo di Auschwitz, venne rilasciato dopo soli quattro anni e tornò a presiedere il consiglio di amministrazione della Bayer.
Hans Globke, co-autore delle leggi razziali e zelante sostenitore della loro applicazione, prima in Germania e poi nelle terre occupate dalle armate del Reich, divenne uno dei più stretti collaboratori del cancelliere Adenauer, nell'immediato dopoguerra. Anche Walter Hallstein, avvocato e professore universitario, contribuì alla formazione delle leggi per "la protezione del sangue e dell'onore tedesco": dopo la fine della guerra venne messo, sempre da Adenauer, a capo della delegazione tedesca incaricata di negoziare il Piano Schuman e nel 1958 fu nominato primo presidente della Commissione della Comunità Economica Europea, oggi Commissione Europea, il braccio esecutivo dell'Unione Europea, ideata da lui stesso per governare l'Europa fuori da qualsiasi controllo popolare e democratico. (continua)
Walter Hallstein, primo presidente della Commissione Europea

domenica 1 luglio 2012

Let me please introduce myself \2

Nel periodo 1933-45, il consiglio di amministrazione della BIS (Bank for International Settlements) comprendeva Walther Funk, un esponente del Partito Nazista che fu anche Ministro per gli Affari Economici dal 1937 al 1945, e Emil Puhl, un banchiere filo-nazista che, oltre a essere vicedirettore della Banca Centrale tedesca, fu anche direttore della stessa BIS durante la Seconda Guerra Mondiale e svolse un ruolo di primo piano nella gestione dell'enorme quantità di oro confiscato dai nazisti alle popolazioni civili nei paesi occupati. 
La Germania, già dal 1937, era rimasta a corto di valuta straniera e non era pertanto in grado di finanziare uno sforzo bellico che si preannunciava lungo e costoso. Così nacque l'idea di depredare i beni delle popolazioni di Austria, Cecoslovacchia e della città di Danzica, le tre zone occupate all'inizio del conflitto. Il totale raccolto solo nel biennio 37-39 fu di 71 milioni di dollari del tempo. Le acquisizioni furono mascherate dalla Banca Centrale tedesca all'opinione pubblica internazionale sottostimando le riserve auree in proprio possesso, grazia alla complicità dei funzionari della Banca d'Inghilterra.
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale le razzie di oro continuarono su amplissima scala: si sa che il totale delle riserve auree espropriate ai governi europei ammontava, all'epoca, a 550 milioni di dollari, mentre non si conosce ancora la cifra dei beni espropriati ai privati, inclusi gli ebrei deportati nei campi di concentramento. Sia Walther Funk che Emil Puhl furono processati a Norimberga e condannati per crimini di guerra, così come Herman Schmitz, direttore del colosso chimico IG Farben, e il Barone von Schroeder, proprietario della J.H. Stein Bank, la banca che gestiva i depositi della Gestapo, la polizia politica di Hitler, i cui membri avevano accumulato ingenti fortune spogliando dei loro averi gli ebrei destinati ai campi di concentramento.
La IG Farben, al suo apogeo, fu la più grande industria chimica al mondo e la quarta in totale dietro General Motors, U.S. Steel e Standard Oil. I suoi dirigenti furono coinvolti nei crimini di guerra commessi dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Pertanto, i suoi stabilimenti nei territori occupati dall'Armata Rossa vennero confiscati dal governo sovietico, mentre a Ovest gli Alleati ne sequestrarono tutte le proprietà nel 1945 e la liquidarono definitivamente nel 1952. La IG Farben deteneva il brevetto del famigerato pesticida Zyklon B., usato per sterminare gli ebrei nelle camere a gas. Nel 1941 i suoi dirigenti costruirono uno stabilimento nella cittadina polacca di Monowitz, vicino al campo di concentramento di Auschwitz, nel quale sfruttavano il lavoro degli internati nel campo. Per inciso, anche lo scrittore Primo Levi fu impiegato in quello stabilimento in qualità di chimico.
La IG Farben, da colosso mondiale qual era, deteneva pacchetti azionari delle principali aziende americane, tra le quali spiccano la Standard Oil di John Rockfeller, il colosso della chimica statunitense DuPont, la United States Industrial Alcohol Company e molte altre. Il governo americano, all'inizio della guerra, aprì un'indagine per chiarire il significato di queste partecipazioni azionarie, ma in seguito l'indagine fu fatta cadere per motivi politici: il governo aveva bisogno del sostegno delle stesse aziende per portare avanti lo sforzo bellico. (continua)