martedì 21 giugno 2011

Lo spleen in riva all'Adriatico

Dopo avere debuttato a Montefiore Conca la mostra "Al mare" si trasferisce, a partire da domani e fino al 3 luglio, nell'incantevole città medioevale di Gradara. Nella sede dello storico palazzo Rubini Vesin sarà possibile leggere e ammirare le poesie del professor Giuseppe Vanni, poeta locale per diletto e per passione. Ogni poesia è accompagnata dalle immagini rivelatrici dei fotografi Gabriele Nastro e Stefano Michele e dalla grafica di Valerio Denicolò. Immagini e parole per raccontare il rapporto atavico e ancestrale con il mare, un elemento che, per coloro che sono nati e cresciuti in Riviera, è allo stesso tempo compagno di viaggio e cornice inquietante e silenziosa dell'esistenza.
Il tema che permea tutta l'opera è la paura dell'abbandono, sensazione che assale sempre quando si contempla la spiaggia abbandonata e triste dopo i bagordi dell'estate vacanziera. E' allora che si avverte, fredda come una lama, la solitudine malinconica dell'autunno, il senso di vuoto provocato da quell' esuberante vitalità che ti esalta e si consuma nell'arco di soli tre mesi, al termine dei quali rimane solo il rimpianto, dopo averla accarezzata, di non essere stati capaci di cogliere la scintilla eterna della vita.

lunedì 20 giugno 2011

Quando parlano gli operai

Venerdì sera avevo capito che la serata per i 110 anni della FIOM sarebbe stata trasmessa da Rai Tre. Così, quando non ho trovato le immagini della trasmissione sul mio televisore ho preferito dedicarmi all'opera di ritocco e di correzione del mio secondo romanzo, ormai ultimato (dovrebbe uscire dopo l'estate). Verso le 23 ho fatto una pausa con zapping televisivo e solo allora mi sono reso conto che la serata in onore della FIOM era andata in onda su Sky e non sulla Rai.
Visto il ritardo devo ammettere di essermi perso gli interventi dei vari Santoro, Travaglio, Benigni e Dandini. Ho fatto in tempo solo a vedere un operaio dei cantieri navali di Genova che parlava dal palco, incazzato nero per i noti problemi che riguardano Fincantieri, e il discorso conclusivo di Maurizio Landini, segretario FIOM. Proprio quest'ultimo mi ha impressionato per la lucidità e la passione, ma anche per la semplicità e l'intelligenza con la quale ha affrontato alcuni temi essenziali per la nostra società, primo fra tutti quello del rapporto lavoratore-azienda che qualcuno, oggi, vorrebbe ridurre ad una sorta di dipendenza totalizzante fino all'istupidimento.
Come disse una volta un mio amico durante un'assemblea studentesca, dopo avere ascoltato l'intervento di una delegazione di operai: "quando parlano loro è tutta un'altra roba!"

venerdì 17 giugno 2011

Votare è bello

Entrare nella cabina elettorale, con le schede in una mano e la matita nell'altra, per compiere il gesto significativo di esprimere le proprie preferenze è sempre un'esperienza piacevole. Nella mia vita non ho mai mancato un appuntamento elettorale fin dall'esordio, nell'ormai lontano 1987, in occasione del primo referendum sul nucleare, e con l'unica, trascurabile eccezione del ballottaggio del sindaco alle ultime elezioni comunali, visto che il risultato era più che scontato.
Certo, prima di noi c'è stato chi ha lottato e pagato duramente per ottenere un diritto che ci è stato trasmesso "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali", come recita l'articolo 3 della Costituzione. Ma è la gratuità, il costo zero, il fatto che non ci venga chiesto nulla in cambio che rende il fatto di recarsi al seggio così affascinante. In una società dove l'ondata di privatizzazioni dei beni comuni degli ultimi anni ha fatto sì che anche il bisogno più elementare sia diventato oggetto di contrattazione e di negoziazione, è bellissimo constatare ancora una volta come votare, sebbene non costi niente, sia fonte di tanto, tanto piacere. Provare per credere.

domenica 5 giugno 2011

L'ombra del destino

Bellissimo romanzo di spionaggio scritto a quattro mani da Daniele Cambiaso, insegnante con la passione del giallo e del thriller storico, e Ettore Maggi, tecnico di laboratorio per il gruppo Fincantieri, in odore di esubero fino a pochi giorni fa e ora, si spera, felicemente reintegrato al suo posto di lavoro.
Come osserva giustamente Stefano Marino nell'introduzione, non è facile, al giorno d'oggi, trovare romanzi di spionaggio avvincenti e ben costruiti. Il genere ha avuto il suo momento di massimo successo durante la guerra fredda, ma dopo la caduta del muro di Berlino e l'avvicendamento dell'Islam al Comunismo nel ruolo di Grande Nemico dell'occidente, pare che l'inventiva sia crollata a zero. La maggior parte delle storie sono incentrate sul ruolo dei malefici arabi attentatori della quiete occidentale e dedicano pochissimo spazio alle vicende europee, per non dire a quelle italiane, degli ultimi vent'anni, che invece andrebbero scrutinate con molta attenzione.
Il romanzo inizia nel lontano 1979. Due amici, Giulio e Stefano, uno di destra e l'altro di sinistra, anche se non profondamente convinti delle rispettive passioni politiche, si trovano coinvolti in un'inchiesta di terrorismo condotta da un colonnello dei Carabinieri e da un funzionario di Polizia. I due, messi alle strette, vengono costretti ad arruolarsi, rispettivamente, nei Carabinieri e nella Polizia di Stato, e sedici anni dopo saranno entrambi impegnati in azioni sotto copertura che li condurranno inesorabilmente verso il vortice della guerra nei Balcani.
Tra ricatti a sfondo sessuale, servizi segreti deviati, avventure sentimentali e scontri a fuoco, L'Ombra del Destino è un romanzo avvincente, scritto benissimo, che mette di fronte il lettore a verità non banali e difficili da accettare. E' stupefacente come i due autori siano arrivati a conclusioni molto simili a quelle a cui sono arrivato io con il mio Il Contrabbandiere, pur vivendo in contesti molto diversi e partendo da vicende esistenziali dissimili. Evidentemente, quando si prova a scavare sotto la placida superficie delle cose, seppur utilizzando un genere di consumo come il thriller o la spy story, si arriva sempre a intravedere il nucleo torbido di verità posto al di sotto di essa.
Il romanzo è pubblicato da Rusconi in un'edizione molto bella e viene venduto ad un prezzo ridotto. Consigliatissimo.

mercoledì 1 giugno 2011

L'ultimo garzone di bottega

"Ci sono verità che vengono fuori subito, verità che si conoscono dopo 50 anni e verità che non si sapranno mai". Questa frase non è stata pronunciata da qualche anziano seduto su una panchina nella piazza di Corleone, ma da un placido signore svizzero-tedesco, zurighese doc, che ha ritenuto di commentare così la lettura del mio romanzo, non senza prima avermi messo doverosamente in guardia sul fatto che a scrivere certe cose si rischia di finire in galera.
In galera, per ora, pare che ci finirà l'ultimo grande latitante responsabile di crimini di guerra nella ex-Jugoslavia, Ratko Mladic, ex comandante dell'esercito serbo di Bosnia responsabile dello sterminio di otto o diecimila (si ignora il numero esatto) cittadini musulmani della città di Srebrenica, oltre che di una serie inenarrabile di porcherie commesse nel corso della guerra civile che ha devastato i Balcani, negli anni novanta del secolo scorso.
Ho preferito rappresentare Mladic con una foto che lo ritrae all'apice della carriera, quando, nei ritagli di tempo lasciati liberi dalla sua attività di aguzzino e massacratore, discorreva con molta scioltezza della conduzione delle operazioni militari in Bosnia assieme ai rappresentanti della stampa internazionale. Oggi Mladic è molto cambiato (foto in basso a destra), ha quasi settant'anni e pare affetto da qualche malattia che non lo lascerà vivere a lungo, così almeno sostengono i suoi medici. Le autorità serbe, prima di consegnarlo alla giustizia internazionale, hanno ritenuto giusto lasciargli godere gli ultimi anni di vita in buona salute e aspettare che fosse ormai agli sgoccioli, forse per compensarlo dei servigi resi alla patria.
Ora le stesse autorità si aspettano di venire ricompensate a loro volta dalle istituzioni internazionali per lo sforzo compiuto e in effetti, lasciare per oltre dieci anni un criminale di guerra libero di vagare in un paese tutt'altro che immenso come la Serbia è impresa che merita indubbiamente una ricompensa, tanto più che la latitanza di Mladic ha rallentato ulteriormente lo svolgimento dei processi per i crimini di guerra nei Balcani, mantenendo sollevata sopra le teste dei sopravvissuti ai massacri la spada di Damocle di una possibile (ancorché assurda) assoluzione dei loro aguzzini, caso mai venisse loro la voglia di collaborare con quanti  hanno intenzione di scoperchiare il pentolone delle complicità occidentali.