martedì 19 aprile 2011

La piadina

E' il piatto tipico romagnolo che accompagna le peripezie del commissario Forti e del suo assistente Brunelli.
Chiamata anche piada, pie, pjida, pièda, pji, pida, è una schiacciata composta di farina di grano, acqua, sale, e, a seconda dei luoghi, anche da altri ingredienti. La piada classica romagnola è tirata col matterello e viene fatta cuocere sul testo, cioè una teglia di terracotta dal basso orlo, il cui nome deriva proprio dal latino "testa", cioè "coccio". E si dice anche che il nome piadina provenga direttamente da "platus", cioè "piatto".
Storicamente cibo dei poveri, la piadina romagnola fa parte dell'area del pane non lievitato, cui appartiene per esempio anche quello azzimo degli ebrei, il pane carasao e la carta musica sardi, o ancora il pane arabo e le schiacciate non lievitate della Turchia, del Maghreb e dell'Eritrea. Esistono tracce della piadina anche in India e, perfino nelle tortillas diffuse in America Latina ( basta sostituire il grano con il granoturco ).
La ricetta ha mille varianti per cui, a seconda delle zone, cambiano il tipo e la quantità di grasso utilizzato (di solito è lo strutto), oppure vengono aggiunti olio, zucchero, lievito e latte. Varia anche lo spessore, più sottile a Rimini e Riccione, anche per venire incontro al palato dei turisti, più spessa e ricca di bicarbonato nelle zone dell'interno, a Forli e Cesena.
Gli abbinamenti sono molto vari, anche se sono più indicati quelli che si sciolgono, come i formaggi ( vedi la formula squacquerone e rucola ) e i salumi ( ideale il prosciutto crudo, ma vanno bene anche salame, mortadella, coppa etc... ), magari accompagnati da una farcitura di gratinati ( pomodori, melanzane o peperoni, a scelta ). Sull'Appennino Tosco- Romagnolo esiste una variante, detta Crescione, nella quale la sfoglia sottile della piadina viene ripiegata su sé stessa per racchiudere ripieni di erbe cotte, zucca o patate.
Naturalmente, il tutto va innaffiato con un bicchiere di buon vino rosso, preferibilmente Sangiovese.

Una poesia di Giovanni Pascoli dedicata alla piada

sabato 16 aprile 2011

Il bunga bunga della morte

Alcuni lettori, soprattutto stranieri, hanno trovato così realistica la trama del mio romanzo che mi hanno chiesto, con curiosità, da quali fonti confidenziali io abbia attinto le informazioni per scrivere una vicenda tanto complessa.
La storia, così come i profili dei protagonisti, è frutto della mia immaginazione, ma per costruirla mi sono ispirato in modo particolare ad un saggio pubblicato nel 1995 da Editori Riuniti, dal titolo "Traffico d'armi. Il crocevia jugoslavo". Gli autori sono due giornalisti, Michele Gambino e Luigi Grimaldi, e la loro opera è di difficile reperibilità, tanto è vero che sono riuscito a trovarne una sola copia, depositata presso la biblioteca del Dipartimento di Discipline Umanistiche dell'Ateneo di Bologna.
Il libro, essenzialmente, rivela la complessa intelaiatura del vorticoso commercio di armi che ha funestato le vite di milioni di persone nel corso degli anni novanta, a partire dalla decisione del governo degli Stati Uniti, nel novembre 1992, di estendere alle esportazioni di armi i benefici dei finanziamenti governativi già previsti per altri settori dell'economia americana.
Il punto centrale del resoconto dei due giornalisti è che le sanguinose guerre dell'ultimo decennio del secolo scorso hanno avuto la funzione di svuotare l'arsenale ormai obsoleto dell'ex Unione Sovietica, consentendo a quest'ultima e ad altri paesi dell'ex Patto di Varsavia di incamerare grandi quantità di valuta pregiata, indispensabile per entrare a pieno titolo nel sistema economico del capitalismo internazionale.
Un ruolo chiave, in questo processo, lo hanno avuto le organizzazioni criminali, in particolare quelle nostrane come la mafia, che hanno consentito, con la loro azione, la libera circolazione delle armi attraverso canali diversi da quelli ufficiali, formalmente posti sotto stretta sorveglianza.
Il libro di Gambino e Grimaldi, come potete comprendere, è molto interessante e getta una luce cupa e oscura sugli eventi finali del secondo millennio della nostra era. Se siete fortunati potrete trovarne una copia sugli scaffali polverosi di qualche biblioteca, altrimenti credo che si possa richiedere alla casa editrice Editori Riuniti di Roma, ammesso che sia ancora in catalogo.
Il sito di Editori Riuniti

venerdì 8 aprile 2011

Islam e radici cristiane

C'è un personaggio, nel romanzo, che si chiama Paolo Zanotti ed è l'immaginario presidente della sezione locale di un'altrettanto immaginaria associazione di esuli dall'Istria i quali, oltre a voler riconquistare le terre di origine all'Italia, si oppongono sia all'ingresso della Turchia nell'Unione Europea che alla costruzione di nuove moschee sul suolo italiano.
Il personaggio di Zanotti è completamente inventato, ma mi dispiace quasi ammettere che a volte la realtà offre spunti molto più avvincenti di quanti possa concepirne la fantasia degli scrittori. La ripresa della retorica anti-islamica degli ultimi giorni, con le copie del Corano bruciate sulla pubblica via e le feroci rappresaglie da parte degli integralisti contro inermi funzionari dell'ONU, lascia pensare che in giro ci siano molte più persone di quanto non si creda pronte a sorbirsi le balle appassionate ed incoerenti dello Zanotti di turno.
Le campagne contro il burka, oppure in favore del crocifisso nelle aule scolastiche e nei locali pubblici, sembrano raccogliere il favore di un universo umano animato da delusioni, rancori e paure, che si sente profondamente spaesato di fronte alla marea montante degli immigrati provenienti dal Terzo Mondo e reagisce aggrappandosi al salvagente rassicurante di simboli che gli sono sì familiari ma dei quali, probabilmente, non riesce neppure a cogliere pienamente il significato.
Come spiegare, altrimenti, la virulenza e l'aggressività con la quale si  promuovono cause umanitarie nobili e generose che, proprio per questo, meriterebbero di essere proposte al pubblico con ben altro spirito rispetto alla veemenza di certi relatori. Per non parlare poi della questione del crocifisso nelle aule scolastiche, che dicono alcuni, si potrebbe risolvere esponendo nelle stesse aule anche un simbolo caro ai musulmani. E le altre religioni? E quelli che non credono? E quelli che magari credono, ma non hanno nessuna voglia di trovarsi le scuole piene di simboli che non c'entrano nulla con l'attività didattica propriamente detta?
Devo riconoscere, quasi con sconforto, che il mio Zanotti è fin troppo moderato rispetto a certi sostenitori della tolleranza e dell'occidente cristiano. E pensare che io credevo di aver delineato in maniera realistica un pericoloso estremista fanatico...

sabato 2 aprile 2011

Diversi e divisi

Nello Rega è un giornalista della Rai che ha viaggiato molto sia nei Balcani, che in Medio Oriente. Durante uno dei suoi viaggi ha avuto la ventura di conoscere una bella ragazza libanese, Amira, iniziando così una storia d'amore arrivata alle soglie del matrimonio. Tutto, infatti, sembra andare per il verso giusto, la ragazza pare entusiasta della cultura occidentale, smette di indossare il velo e appare inebriata dalla prospettiva di vivere più liberamente di quanto non le sia consentito fare nella nativa Beirut.
All'improvviso, però, qualcosa pare incrinarsi in un rapporto che sembra così coinvolgente. Nell'estate del 2007, a Roma, i due cominciano a frequentare un'altra coppia composta in maniera asimmetrica rispetto a loro. Lui è arabo e lei italiana, ma convertita all'Islam per seguire la fede del marito. Entrambi hanno idee fortemente anti-occidentali e, soprattutto, anti-americane. Quando è assieme a loro Amira si trasforma, sembra quasi regredire al suo passato di fervente musulmana.
Rega nota questo cambiamento, ma non si mostra preoccupato più di tanto. Fino a quando, un giorno, la ragazza esce di casa e scompare nel nulla, senza lasciare traccia.
Amareggiato da un abbandono tanto brusco e senza spiegazioni, il giornalista, anche se nel libro non è affermato esplicitamente, attribuisce alla coppia di "amici" la responsabilità di avere convinto Amira a lasciarlo. Per dare sfogo alla delusione scrive un resoconto di tutta la vicenda, nel quale le tappe della sua sfortunata storia d'amore sono inframezzate da considerazioni molto critiche circa il ruolo della donna nell'Islam. In seguito, inizia un'intensa attività divulgativa che lo porta a percorrere in lungo e in largo l'Italia e che, a giudicare dalla conferenza alla quale ho assistito al Circolo Bentivoglio a Milano, raccoglie parecchi consensi anche tra la gente comune.
Il libro, al di là dei più o meno legittimi risentimenti di Rega, ha il pregio di riportare per esteso ampi passi del Corano e di altri testi teologici in uso tra i musulmani, consentendo così al lettore di farsi un'idea precisa e circostanziata delle tesi che hanno ispirato le prese di posizione, fortemente critiche, del giornalista. Le ultime pagine contengono persino un elenco di siti internet (in italiano) e una bibliografia a disposizione di coloro che vogliono approfondire la conoscenza della cultura e della religione islamica.
Oltre a ciò, il testo è arricchito dalle bellissime illustrazioni di Raffaele Gerardi e il ricavato verrà devoluto in beneficenza per realizzare una struttura, a Beirut, per proteggere i diritti dei bambini abbandonati e delle donne, al cui interno ci sarà anche una scuola braille per non vedenti.
Il progetto è sostenuto dall' Unione Ciechi ed Ipovedenti, con la commissione Pari Opportunità.

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