lunedì 26 dicembre 2011

Le idi di marzo

Un titolo dal sapore classico per un dramma politico ambientato nell'America di oggi: durante le primarie del Partito Democratico in Ohio, il giovane ed entusiasta Stephen Meyers (Ryan Gosling), addetto stampa del candidato alla presidenza Mike Morris (George Clooney), scopre che l'uomo per cui lavora e che ha toccato così profondamente le corde del suo idealismo non è puro e immacolato come appare. Per il giovane Meyers l'appuntamento delle primarie diverrà un'occasione  molto dolorosa di maturazione e di cambiamento, evidenziata magnificamente dal cambiamento di espressione del viso che, nei diversi momenti del film, sottolinea il trapasso da una stagione all'altra della sua vita.
Un film che mette a nudo, crudamente, la mancanza di umanità della competizione politica, in un paese dove questa, probabilmente, è ancora in grado di ispirare speranze di cambiamento e non si è ancora ridotta a un miserabile teatro delle marionette come è accaduto in Italia.
Un film claustrofobico, tutto giocato negli intrighi che avvengono dietro le quinte, nel quale il popolo sembra essere solo spettatore passivo e mai realmente in grado di irrompere nelle trame tessute dalla cerchia ristretta di personaggi che gravitano attorno a Morris/Clooney per scardinarle e dare il via ad una reale stagione di partecipazione e di rinnovamento. Alla fine, l'esito della competizione elettorale sarà deciso in incontri ravvicinati e rabbiosi dentro a scantinati oscuri o sulla panchine di qualche parco cittadino, lontano dai riflettori dei giornali e delle televisioni.
Da segnalare il fatto che le poche donne presenti, costrette a muoversi in un universo quasi completamente maschile, vengono trattate piuttosto male, dipinte come delle arriviste meschine e incapaci, cosa che capita spesso nei film interpretati da Clooney, nonostante lui abbia fama di essere un rubacuori, progressista per giunta.

sabato 24 dicembre 2011

In a place called hope

Nell'ormai lontano 1993 ebbi modo di trascorrere il Natale lontano da casa, nell'Arkansas patria dell'allora Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, ospitato molto gentilmente da alcune famiglie di imprenditori locali simpatizzanti del Partito Democratico e orgogliosissimi di vedere il loro "Bill" finalmente insediato alla Casa Bianca.
Lo slogan con il quale Bill Clinton aveva condotto la campagna elettorale, nel 1992, era stato "I still believe in a place called Hope", dove Hope, che in inglese significa speranza, è anche il nome della cittadina, situata a pochi chilometri della capitale Little Rock, in cui Clinton è nato e cresciuto. Tra l'altro, i miei gentilissimi anfitrioni avevano programmato di portare me e gli altri ospiti, anch'essi studenti, a fare una gita proprio a Hope, che all'epoca era conosciuta solo per la presenza di alcune sorgenti d'acqua dalle proprietà curative, ma la gita andò a monte a causa di un litigio scoppiato tra me e uno studente tedesco di ingegneria il quale, ogni volta che io aprivo bocca, mi apostrofava violentemente con l'epiteto di "italiano mafia", ripetuto a macchinetta per farmi saltare i nervi. I simpatici americani, non abituati probabilmente a quel genere di scontrosità tanto esasperata, preferirono soprassedere sulla gita a Hope e dividere il gruppo in modo che io e l'ingegnere tedesco non venissimo più a contatto.
Quando si dice il destino: oggi ho scoperto che già all'epoca, la cittadina di Hope era sede dell'American Mineral Field, un'azienda mineraria che nel 1993 compariva a malapena sull'elenco del telefono, ma che quattro anni più tardi, nel 1997, al termine della prima sanguinosa guerra civile in Congo, otterrà dal neo presidente Kabila la concessione per lo sfruttamento delle aree nella parte sud-orientale del paese, ricchissime di diamanti e di altri minerali preziosi, bruciando sul tempo le multinazionali del settore diamantifero, tra cui la sudafricana DeBeers. Naturalmente, Bill Clinton ha sempre negato di avere avuto qualsiasi ruolo nel gigantesco affare, nonostante il principale azionista dell'American Mineral Field, Jean Boulle, avesse iniziato la sua attività in Arkansas proprio grazie all'intervento di Bill, che da governatore dello stato gli concesse la possibilità di trivellare, alla ricerca di diamanti, un'area fortemente vincolata dal punto di vista ecologico.
La speranza di Jean Boulle di guadagnare un sacco di soldi e diventare ricco sfondato si è quindi avverata. Che cosa c'entra tutto questo con il Natale alle porte? C'entra perché quest'anno mi sento di rivolgere a tutti coloro che mi leggono, e anche agli altri, l'augurio di passare un Natale sereno e libero dalla cortina fumogena di stronzate che negli ultimi anni ci ha impedito di vedere ciò che accadeva veramente nel mondo. E che venga data finalmente anche ai Dannati della Terra la possibilità di far sentire la loro voce, dopo che per tanti anni hanno contribuito, con il loro sacrificio e le loro sofferenze, a rendere opulente le nostre esistenze.
Buon Natale a tutti.

sabato 10 dicembre 2011

Midnight in Paris

Raffinata e divertente commedia firmata Woody Allen, che vede come protagonista Owen Wilson nei panni di Gil, uno sceneggiatore di Hollywood che intende cimentarsi nella scrittura di un romanzo e, per cercare ispirazione, compie un viaggio a Parigi assieme alla fidanzata Inez ( Rachel McAdams ). Inez, figlia di un esponente della destra repubblicana ( Kurt Fuller ), ha un culo galattico modellato da estenuanti sedute di massaggi e palestra, ma possiede una scarsa inclinazione per il pindarismo del fidanzato, nelle cui qualità letterarie vede  solo una fonte di prosperità economica. Così, non riuscendo a comprenderne le velleità scrittorie, cerca ripetutamente di convincerlo a rientrare a Los Angeles per dedicarsi anima e corpo alla lucrosa attività di sceneggiatore e, naturalmente, per sposarlo. Gil, che assomiglia portentosamente a Robert Redford da giovane, inizia a girare di notte tutto solo per Parigi alla ricerca di ispirazione e la sua fantasia lo farà imbattere nei protagonisti della Lost Generation, il gruppo di scrittori americani che scelsero di vivere a Parigi dopo la Grande Guerra per sfuggire alla piattezza utilitaristica della società americana. Nel film, resi vivi dall'immaginazione di Gil e dal suo disperato desiderio di calarsi in un ambiente ricco di suggestioni culturali, compaiono Hemingway, Gertrude Stein e i coniugi Fitzgerald, ma anche Pablo Picasso, Salvador Dalì e la compagna di Amedeo Modigliani, Jeanne Hébuterne. Ogni notte, quando Gil si avventura per le strade di Parigi, un vortice di fantasia e di immaginazione lo trascina indietro nel tempo, alla scoperta di una dimensione dell'esistenza che la destra repubblicana, e non solo, negli ultimi anni ha fatto di tutto per sradicare, al fine di imporre al resto del mondo un'egemonia culturale piatta, meccanizzata e castrante, alimentata da una caterva di scemenze pseudo-cristiane.
Così, anche nella Parigi di oggi si rivela difficile incontrare delle persone che cerchino nella cultura e nell'arte una via per superare il senso effimero della vita, come facevano gli scrittori della Lost Generation. Qualcosa però di quello spirito sopravvive ancora e, per fortuna di Gil, gli si rivelerà nel finale del film.
Da segnalare ( si fa per dire ) anche la presenza di Carla Bruni nella parte di una guida turistica parigina, espressiva e vivace come un ghiacciolo.