Un titolo dal sapore classico per un dramma politico ambientato nell'America di oggi: durante le primarie del Partito Democratico in Ohio, il giovane ed entusiasta Stephen Meyers (Ryan Gosling), addetto stampa del candidato alla presidenza Mike Morris (George Clooney), scopre che l'uomo per cui lavora e che ha toccato così profondamente le corde del suo idealismo non è puro e immacolato come appare. Per il giovane Meyers l'appuntamento delle primarie diverrà un'occasione molto dolorosa di maturazione e di cambiamento, evidenziata magnificamente dal cambiamento di espressione del viso che, nei diversi momenti del film, sottolinea il trapasso da una stagione all'altra della sua vita.
Un film che mette a nudo, crudamente, la mancanza di umanità della competizione politica, in un paese dove questa, probabilmente, è ancora in grado di ispirare speranze di cambiamento e non si è ancora ridotta a un miserabile teatro delle marionette come è accaduto in Italia.
Un film claustrofobico, tutto giocato negli intrighi che avvengono dietro le quinte, nel quale il popolo sembra essere solo spettatore passivo e mai realmente in grado di irrompere nelle trame tessute dalla cerchia ristretta di personaggi che gravitano attorno a Morris/Clooney per scardinarle e dare il via ad una reale stagione di partecipazione e di rinnovamento. Alla fine, l'esito della competizione elettorale sarà deciso in incontri ravvicinati e rabbiosi dentro a scantinati oscuri o sulla panchine di qualche parco cittadino, lontano dai riflettori dei giornali e delle televisioni.
Da segnalare il fatto che le poche donne presenti, costrette a muoversi in un universo quasi completamente maschile, vengono trattate piuttosto male, dipinte come delle arriviste meschine e incapaci, cosa che capita spesso nei film interpretati da Clooney, nonostante lui abbia fama di essere un rubacuori, progressista per giunta.
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