giovedì 18 ottobre 2012

I diritti umani nella seconda repubblica

Circa una settimana fa, il 10 ottobre, il Presidente della Serbia, Tomislav Nikolić, in carica solo da pochi mesi, è stato ricevuto al Quirinale dal suo omologo e nostro Presidente Giorgio Napolitano. Un servizio trasmesso dal Tg2 sull'incontro mostrava Nikolić affermare energicamente che "a Srebrenica non è avvenuto alcun genocidio" e Giorgio Napolitano, invece di zittirlo, si affannava invece a sottolineare con entusiasmo gli ottimi rapporti di amicizia esistenti tra Italia e Serbia. Il Presidente serbo rincarava la dose ironizzando su quegli italiani (cioé quasi tutti) che hanno contestato la decisione di Marchionne di portare gli stabilimenti in Serbia dopo aver preso vagonate di soldi dal governo italiano: se questo avviene è perché la Fiat trova nel nostro paese condizioni migliori per investire, ha spiegato Nikolić. Se le avesse trovate in Italia, avrebbe mantenuto gli stabilimenti in Italia (per inciso Nikolić la scorsa primavera ha presenziato a Ginevra all'inaugurazione della nuova Cinquecento, dietro invito di Marchionne).
Il servizio del Tg2 a questo punto mostrava agli esterrefatti ascoltatori, almeno io lo ero, un sempre più entusiasta Giorgio Napolitano auspicare caldamente l'ingresso della Serbia nell'Unione Europea, entità che ha appena ricevuto il Nobel per la Pace dai petrolieri e dagli armatori norvegesi.

Per quanto riguarda le condizioni di lavoro degli operai serbi che lavorano negli stabilimenti Fiat vi rimando a quest'articolo apparso sul giornale di Marco Travaglio. Per quanto riguarda invece l'incontro tra Napolitano e Nikolić, oltre alla pagina ufficiale del sito web del Quirinale con il video di parte della conferenza stampa, i principali quotidiani e agenzie di stampa online hanno riportato solo resoconti piuttosto stringati, nei quali sono state ignorate del tutto le dichiarazioni del Presidente serbo sull'eccidio di Srebrenica. 

L'impressione, molto inquietante, è che in questo paese esista una volontà omertosa, da parte di tutti i mezzi di informazione, di coprire le malefatte del Presidente della Repubblica, perché ormai esiste la consapevolezza che di quelle malefatte, negli anni novanta del secolo scorso, sono stati corresponsabili un numero altissimo di politici italiani, di destra e di sinistra, impegnati a riciclarsi o a rimanere a galla dopo il naufragio del comunismo e la riorganizzazione generale che ne è seguita. Oltretutto, Giorgio Napolitano è un politico scafatissimo ed è probabile che la sua strategia di dare un colpo al cerchio e uno alla botte gli abbia accattivato le simpatie di una schiera molto ampia di "stakeholders".
Ho spiegato, in altri articoli, per quale motivo il capitalismo internazionale voleva la distruzione della Jugoslavia, dopo averla sovvenzionata e nutrita per tutta la Guerra Fredda: quella guerra civile, tra le altre cose, ha dato la possibilità a molte aziende pubbliche, tra cui la nostra Finmeccanica, di ristrutturarsi investendo nella produzione di armamenti ad alto livello tecnologico.

Nel 2007 la Corte Internazionale di Giustizia dell'Onu ha prosciolto la Serbia dall'accusa di complicità nel genocidio avvenuto in Bosnia-Erzegovina dal 1992 al 1995, compresi gli eccidi di Srebrenica. Secondo il magistrato Carla Del Ponte, che è stato Procuratore Capo nel tribunale istituito dall'Onu per giudicare i crimini di guerra nella ex Jugoslavia, esistono centinaia di documenti, da lei visionati personalmente, che provano chiaramente il ruolo giocato dalla Serbia nella guerra in Bosnia: si tratta, in gran parte, di verbali di riunioni tra leader politici e militari jugoslavi in tempo di guerra, il Consiglio Supremo di Difesa.
Secondo il magistrato svizzero, i verbali del Consiglio Supremo di Difesa forniscono la prova inconfutabile che la Serbia ha diretto lo sforzo bellico delle truppe serbe in Bosnia-Herzegovina, spiegando fin nel dettaglio in che modo Belgrado finanziava e alimentava i serbi di Bosnia. I documenti dimostrano che le forze serbe hanno contribuito alla presa di Srebrenica e al massacro dei suoi abitanti. Esiste persino un video, disponibile su YouTube, che mostra i membri di un'unità paramilitare nota come gli Scorpioni, affiliata al ministero degli Interni serbo, mentre conducono sei giovani prigionieri su un'altura e li ammazzano due alla volta, sparandogli nella schiena. Il video è stato incluso anche nel documentario di Roberta Biagiarelli, "Souvenir Srebrenica", ed è stato proiettato nell'aula del Tribunale durante il processo a Milosevic.

La Serbia ha ottenuto dal Tribunale per la Jugoslavia che le sezioni più critiche di tali documenti venissero tenute segrete all'opinione pubblica, ma i giudici della Corte Internazionale avrebbero potuto prenderne visione ugualmente, se avessero voluto. Gli avvocati che presentavano il caso della Bosnia avevano chiesto alla Corte di imporre alla Serbia la consegna di una versione incensurata dei documenti, ma i giudici si sono rifiutati di farlo affermando che avevano già a disposizione "prove abbondanti".

La decisione di assolvere la Serbia, secondo Carla Del Ponte, è stata ispirata dalla volontà politica dell'allora amministrazione Bush di far entrare il paese balcanico nella Partnership for Peace, un programma di cooperazione militare fra gli stati europei che prelude all'ingresso nella NATO.

La benevolenza con la quale gli organismi internazionali hanno trattato la Serbia negli ultimi anni lascia sconcertati: secondo Osservatorio Balcani e Caucaso, dal 2000 al 2011 l’UE ha donato al paese del Presidente Nikolić oltre 4 miliardi di euro, prima davanti alla Germania con 700 milioni e agli USA con oltre 500 milioni. Per non parlare poi delle grandi aziende: a parte la Fiat di Marchionne, la U.S. Steel, colosso americano dell'acciaio con sede a Pittsburgh, nel 2003 comprò lo stabilimento di Smederevo e vi investì milioni di dollari per dare lavoro a 5.500 operai e trasformarlo nel maggiore esportatore del paese balcanico. Nel 2010 l'impianto incideva per circa il 10% sulle esportazioni serbe, con vendite all’estero per 27 milioni di euro, prima che la crisi economica costringesse gli americani a svenderlo al governo serbo per la cifra simbolica di un dollaro.

Visto tutto ciò, l'entusiasmo dimostrato da Napolitano per la visita di Nikolić mi lascia in balia del tetro presagio che il nostro paese stia per essere investito da una valanga di fango e di merda che farà impallidire il ricordo di Tangentopoli.

domenica 14 ottobre 2012

Gli assassini di Cristo - Ivo Tiberio Ginevra

Nell'immaginario comune di Scrafani, in Sicilia, accade che un gruppo di folli facciano irruzione nelle chiese e distruggano a colpi di mazza statue e simboli sacri.
Le indagini vengono affidate a due esponenti del locale commissariato, il commissario Mario Falzone e il vice-questore Pietro Bertolazzi, entrambi appena raggiunti da un ordine di trasferimento verso sedi remote a causa di dissapori e dissidi con i propri superiori. I due si gettano a capofitto nell'indagine nella speranza che la felice soluzione del caso possa attirar loro le simpatie dei vertici ecclesiastici e evitare così l'ingrato trasferimento lontano da Scrafani.
Uno dei due in particolare, il commissario Falzone, vive una situazione personale resa problematica dal recente divorzio, aggravata dalla difficoltà a versare alla moglie regolarmente  gli alimenti e dalla conseguente rappresaglia da parte di lei, che consiste nel rendere difficoltosi i rapporti dell'ex marito con i figli.
L'autore, Ivo Tiberio Ginevra, è un esperto ornitologo che nel tempo libero coltiva la passione dei romanzi gialli. Tra l'altro, una delle peculiarità de "Gli assassini di Cristo" è proprio quella di derivare i nomi dei luoghi e dei protagonisti dal mondo degli uccelli. In fondo al libro l'autore ha aggiunto un piccolo dizionario che spiega l'origine dei nomi utilizzati, con tanto di etimologia ornitologica.
"Gli assassini di Cristo" è un thriller molto particolare, dall'andatura lenta e intensa allo stesso tempo, dovuta al rapporto serrato e nevrastenico che intercorre tra i due protagonisti, entrambi impegnati in una corsa contro il tempo per evitare il trasferimento. Le vicende personali di Mario Falzone e Pietro Bertolazzi, però, non prendono mai il sopravvento sulla trama del romanzo: la ricerca della verità e la tensione investigativa rimangono sempre a dettare ritmi e tempi della narrazione. L'ironia, le battute amare e gli scherzi da caserma tra i due colleghi non oscurano mai il senso principale della loro azione che è quello di trovare la verità, obiettivo che, nonostante alcuni momenti di surrealismo tipicamente pirandelliano, rimane comunque al centro dei loro pensieri come qualcosa di precisamente individuabile e definibile: la possibilità di una lotta vittoriosa contro l'ingiusto da parte del giusto è sempre al centro delle motivazioni del commissario Falzone, che non a caso rifiuta più volta l'offerta di aiuto da parte di un amico primario per evitare il tanto temuto trasferimento, fiducioso com'è nel trionfo finale della sua opera.
Conciliare il ritmo di dialoghi brillanti e densi d'ironia con la tensione narrativa è un'operazione non banale, nella quale alcuni autori, anche molto celebrati, finiscono spesso per perdersi, provocando una sfilacciatura del racconto che porta il lettore a perdere di vista la ragione principale delle azioni dei protagonisti e a sprofondare, di conseguenza, in una sensazione di irritante noia. Ivo Tiberio Ginevra, al contrario, riesce a rappresentare i sentimenti personali dei due poliziotti del commissariato di Scrafani senza mai scadere nel trito e nel banale.
"Gli assassini di Cristo" è un romanzo ben costruito, con una trama avvincente e una soluzione finale non scontata, anche se, per essere compreso e apprezzato fino in fondo, vista la complessità dei temi trattati, richiede, a mio avviso, una seconda lettura.