Entrare nella cabina elettorale, con le schede in una mano e la matita nell'altra, per compiere il gesto significativo di esprimere le proprie preferenze è sempre un'esperienza piacevole. Nella mia vita non ho mai mancato un appuntamento elettorale fin dall'esordio, nell'ormai lontano 1987, in occasione del primo referendum sul nucleare, e con l'unica, trascurabile eccezione del ballottaggio del sindaco alle ultime elezioni comunali, visto che il risultato era più che scontato.
Certo, prima di noi c'è stato chi ha lottato e pagato duramente per ottenere un diritto che ci è stato trasmesso "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali", come recita l'articolo 3 della Costituzione. Ma è la gratuità, il costo zero, il fatto che non ci venga chiesto nulla in cambio che rende il fatto di recarsi al seggio così affascinante. In una società dove l'ondata di privatizzazioni dei beni comuni degli ultimi anni ha fatto sì che anche il bisogno più elementare sia diventato oggetto di contrattazione e di negoziazione, è bellissimo constatare ancora una volta come votare, sebbene non costi niente, sia fonte di tanto, tanto piacere. Provare per credere.
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