L'austero richiamo al rigore fiscale del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, si iscrive in quella lunga serie di generosi e poco nobili tentativi, molto in voga nel nostro paese, di fare gli eroi con la pelle degli altri.
La Chiesa Cattolica, come ormai è arcinoto, non paga un centesimo di imposta su tutti gli immobili, siano essi utilizzati a fini commerciali che a fini puramente assistenziali e benefici. La misura venne adottata nel 2005 dal governo Berlusconi con il Decreto Fiscale collegato alla Legge Finanziaria, che introdusse l’esenzione ICI per gli immobili della Chiesa adibiti a scopi commerciali (ulteriormente estesa alle associazioni no-profit).
Il d.l. 223 del 4 luglio 2006 ha successivamente eliminato tale esenzione, ma solo in teoria perché la sua formulazione («Attività di natura esclusivamente commerciale»), vanificò di fatto il provvedimento e mantenne in vigore tale privilegio: è infatti sufficiente che all’interno dell’immobile destinato ad attività commerciale si mantenga una piccola struttura destinata ad attività religiose.
Il patrimonio immobiliare della Chiesa cattolica è enorme (si parla di un 20-25% dell'intero territorio nazionale), ed è difficile dire quanto di tale patrimonio sia utilizzato per fini spirituali e quanto per fini commerciali.
A questo si aggiunga il contributo dell'8 per mille sull'Irpef, che una norma bizzarra destina interamente alla Chiesa cattolica nel caso di mancata indicazione da parte del contribuente; il pagamento dello stipendio agli insegnanti di religione nelle scuole, che sono 25.000 e costano oltre 800 milioni l'anno; lo sgravio del 50% dell'imposta sul reddito delle società (Ires) agli enti ecclesiastici operanti nei settori dell’istruzione e della sanità, un risparmio stimato in quasi un miliardo di euro; la fornitura dell'acqua alla Città del Vaticano, interamente a carico dello Stato italiano; l'esenzione dell'Irpef per tutti i lavoratori della Santa Sede e della Città del Vaticano: almeno duemila persone.
Inutile fare ulteriori commenti se non che gli articoli di fondo partoriti dall'Avvenire in questi ultimi giorni, pieni di richiami lacrimosi e strappalacrime alla vocazione assistenziale e benefica della Chiesa, suscitano solo il senso del ridicolo, per non dire il profondo disprezzo, da parte di chi si trova già oberato di sacrifici e rischia di vedersi ulteriormente caricato il peso da portare, in nome del risanamento finanziario del paese.
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