E' tornato nelle sale in questi giorni con The Conspirator, ispirato alla vicenda dell'omicidio di Abramo Lincoln e al processo che ne seguì, e a quattro anni di distanza da Leoni per Agnelli, film che ha chiuso in maniera quasi simbolica il militarismo esasperato dell'era Bush.
Robert Redford ha interpretato e diretto alcuni dei film più brillanti della storia di Hollywood, realizzando una magistrale miscela di azione, impegno politico, contenuti di alto livello culturale e dialoghi ricchi di umorismo. Il suo aspetto sorridente e solare, ma anche vagamente introverso, ci ha traghettato da un'epoca in cui la cultura di massa riusciva a coniugare approfondimento e intrattenimento ad un'altra epoca, quella attuale, dove persino i romanzi gialli e i film di spionaggio destano sospetti.
I miei preferiti:
"Corvo rosso non avrai il mio scalpo" (1972), unisce allo spirito di avventura del protagonista, un solitario trapper reduce dalla guerra messicano-statunitense, la splendida fotografia del paesaggio delle Montagne Rocciose e le rappresentazioni etnografiche della vita e delle tradizioni di ciò che, a quel tempo, ancora rimaneva delle popolazioni indiane che abitavano le montagne dell'Ovest degli Stati Uniti.
"I tre giorni del Condor" (1975) è un thriller con al centro un pacifico analista della Cia che si ritrova coinvolto, suo malgrado, in una cospirazione internazionale. Dopo che gli impiegati della sezione per cui lavora sono stati trucidati è costretto a nascondersi e a cercare nello stesso tempo la verità, unico modo per sfuggire al destino dei suoi amici e colleghi di lavoro.
"Tutti gli uomini del presidente" (1976) vede Redford affiancato da Dustin Hoffman nel ruolo di due giornalisti del Washington Post che cercano di fare luce sull'arresto di cinque uomini all'interno della sede del Partito Democratico, scontrandosi con un muro di omertà e di silenzio. Il film è la ricostruzione dello scandalo Watergate che nel 1974 travolse la carriera politica di Richard Nixon, costringendolo a dare le dimissioni da Presidente degli Stati Uniti.
"La mia Africa" (1985) diretto ancora da Sidney Pollack, come i primi due dell'elenco. Interpretato assieme a Maryl Streep, è risultato vincitore di non so quanti premi Oscar.
Infine "Havana", girato nel 1990, ma ambientato nel Natale del 1958, poco prima della Rivoluzione di Fidel Castro, quando Cuba era terra di conquista per avventurieri senza scrupoli, libertini scapestrati e giocatori d'azzardo.
Quelli appena citati sono i cinque che preferisco, ma se ne potrebbero aggiungere tanti altri: "Proposta indecente", "Il candidato", "Come eravamo", "La stangata" oppure "A piedi nudi nel parco".
Robert Redford ha consacrato la sua esistenza all'arte di raccontare storie, per divertire ma anche per indurre gli spettatori a riflettere sul mondo e su ciò che accade attorno a loro. E' un modo di intendere lo spettacolo che arricchisce, sia umanamente che culturalmente, e l'industria culturale, oggi, dovrebbe rilanciarlo, per spezzare il grigiore e la piattezza che gronda quotidianamente dai nostri televisori.
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